Un calendario ultra-rapido, che non aspetta i 35 giorni previsti dalla legge per passare dall’aggiudicazione alla stipula del contratto, non determina la nullità dell’appalto. Il mancato rispetto del periodo dilatorio può al massimo rendere più pesanti le responsabilità della stazione appaltante, e arricchire gli eventuali risarcimenti, ma solo quando intervengono altre cause che portano i giudici ad annullare la procedura. La lettura “minimalista” delle regole sulla tempistica nelle gare indette dalle pubbliche amministrazioni, fissate dall’articolo 11 del Codice appalti, arriva dal Tar Campania-Napoli (sezione I, sentenza 16776/2010). La controversia, in realtà, riguardava una selezione effettuata dall’Asl 1 di Napoli a fine 2009, quindi prima dell’entrata in vigore del Dlgs 53/2010 che ha attuato il codice recependo le indicazioni della direttiva 77/66/CE. I giudici, però, si sono spinti nell’indagine della nuova normativa ( articolo 1 del Dlgs attuativo), limitandone in modo drastico la portata applicativa. Per capire gli effetti dell’interpretazione avanzata dal tribunale partenopeo bisogna ripercorrere in sintesi l’evoluzione della norma. Il periodo dilatorio (30 giorni secondo il Codice dei contratti varato nel 2006, allungati a 35 dal decreto legislativo di attuazione entrato in vigore il 27 aprile scorso) interrompe la procedura dopo l’aggiudicazione definitiva della gara, per consentire alle imprese che non l’hanno vinta di avanzare obiezioni prima della stipula definitiva. Al blocco si sfugge solo in pochi casi: quando la legge non prevede la pubblicazione del bando (gare informali per lavori sotto i 500mila euro, lavori a scomputo sotto la soglia comunitaria, incarichi tecnici di valore inferiore a 100mila euro), quando i ritardi nell’esecuzione immediata delle prestazioni procura un grave danno all’interesse pubblico e nei casi di accordo quadro. Niente sospensione, naturalmente, anche quando alla gara si presenta un solo concorrente, purché nessuno abbia impugnato il bando o la lettera di invito, oppure il ricorso sia partito ma sia già stato respinto. Il Tar napoletano interviene sulla fase successiva, precisando gli effetti che comporta la mancata osservanza del periodo dilatorio nei casi in cui la legge lo imporrebbe. Effetti che, secondo la sentenza, non possono tradursi nell’annullamento dell’aggiudicazione, ma solo in un’aggravante di cui i giudici dovranno tenere conto quando si troveranno a decidere delle eventuali responsabilità della stazione appaltante e dei rimborsi nei confronti di chi le ha fatto causa. Tutto ciò, però, può scattare solo nel caso in cui i giudici, per altri motivi,annullino l’aggiudicazione. La regola sul periodo dilatorio (articolo 11 del Codice appalti) viene letta dal Tar in relazione alla norma sull’inefficacia del contratto (articolo 245-bis), secondo cui il giudice che annulla l’aggiudicazione può dichiarare l’inefficacia del contratto, retroattiva o limitata alla prestazioni ancora da eseguire, se non è stato rispettato il periodo dilatorio. Di conseguenza, se l’aggiudicazione passa l’esame dei giudici, la mancata osservanza dello stop di 35 giorni non può da sola far naufragare la procedura.
Per l’appalto sprint non scatta l’annullamento
Pa. Se salta il periodo dilatorio
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