E’ insanabile la violazione commessa da chi realizza opere edilizie senza il titolo abilitativo in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico. A evitarne la demolizione non basterà neppure la pendenza di un ricorso al Tar contro l’ordinanza comunale di abbattimento, vista l’irrilevanza di un eventuale accoglimento dell’impugnazione sulle sorti esecutive dell’ingiunzione. Lo precisa la Cassazione, sezione III penale, con sentenza 32954/10. Ad accendere la questione, le contestazioni mosse nei confronti di alcuni soggetti, accusati di aver commesso reati edilizi e paesaggistici, in violazione alle norme di cui al testo Unico sull’edilizia (Dpr 380/2001). Gli imputati – secondo la ricostruzione processuale – avevano realizzato le opere abusive in area protetta senza osservare le prescrizioni di legge. Alla condanna, era seguito l’ordine di demolizione dei manufatti ai sensi dell’articolo 31, comma 9, del testo unico. Da qui l’opposizione delle parti, che si rifiutavano di procedere all’abbattimento e rilevavano la necessità di attendere l’esito del ricorso al Tar (proposto contro l’ordinanza comunale) e della domanda di concessione in sanatoria. Respinte le istanze, il caso arriva in Cassazione, che rigetta il ricorso. Nelle motivazioni, il collegio riconosce che il rilascio di concessione sanante per condono edilizio, dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, possa comportare l’inapplicabilità e «anche la revoca dell’ordine di demolizione» trattandosi di sanzione amministrativa – seppur caratterizzata dalla natura giurisdizionale dell’organo tenuto ad applicarla – non suscettibile di passare in giudicato. L’ordine di abbattimento dunque, sarà sempre revocabile «quando risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi della competente autorità, che abbia conferito all’immobile altra destinazione o abbia provveduto alla sua sanatoria». Tuttavia – si rileva – il caso concreto è ben diverso. In effetti, ci si trova in un’ipotesi di «opera abusiva non suscettibile di sanatoria» trattandosi di nuova costruzione realizzata, in assenza del titolo abilitativo edilizio, in un’area assoggettata a un vincolo imposto a tutela degli interessi paesistici. Ipotesi di reato, questa, esclusa dal condono. Nel sostenerlo, la sentenza in rassegna richiama espressamente una precedente decisione della III sezione (la 6431/2007) intervenuta a confutare le divergenti posizioni della dottrina. Tra l’altro, è quasi contemporanea la pronuncia della Cassazione 32945/10 emessa in punto di prescrizione di reati edilizi relativi a opere non sanabili: in tale occasione i giudici hanno precisato come dall’inapplicabilità della sanatoria consegue anche l’inapplicabilità della sospensione del processo penale. Conclusione, quella raggiunta, che secondo la Corte non sarebbe influenzabile neppure da un’eventuale decisione giudiziale circa la sospensione che – se disposta – dovrebbe comunque considerarsi “inesistente” mancandone il presupposto essenziale (aspetto già chiarito dalle Sezioni unite con la pronuncia 22/1999). Quindi, nella vicenda specifica, una volta accertata la natura abusiva delle opere non suscettibili di sanatoria, l’impugnazione davanti al Tar dell’ordinanza comunale di abbattimento resta una circostanza del tutto ininfluente in sede di esecuzione dell’ordine di demolizione impartito dal giudice penale.
Il ricorso al Tar non ferma le ruspe
Paesaggio – L’abuso insanabile in zona vincolata
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