Ora le gare non possono più attendere. I comuni dovranno limitare al massimo l’attribuzione di diritti di esclusiva e aprire al mercato il settore delle utility. E avranno un anno di tempo per farlo. Gli affidamenti in house di valore superiore a 200 mila euro dovranno essere preventivamente autorizzati dall’Antitrust, tranne che nel settore idrico dove per gli enti affidanti sarà più agevole dimostrare che le gestioni in proprio non sono distorsive della concorrenza. La riforma dei servizi pubblici locali, voluta dal ministro per gli affari regionali, Raffaele Fitto, e inseguita da governi di diverso colore politico per oltre 20 anni, entra definitivamente nel vivo con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale di ieri, n. 239/2010, del regolamento attuativo, il dpr 7 settembre 2010 n. 168. Decorsi i 15 giorni canonici di vacatio legis, le nuove regole (art. 15 dl 135/2009) dovranno confrontarsi con la realtà dei fatti. Una realtà, quella delle amministrazioni locali, che non ha mai nascosto le proprie ritrosie ad aprirsi alla concorrenza, soprattutto nel settore dell’acqua. E che, nonostante la linea dura promessa da Fitto, starebbe già pensando (si veda ItaliaOggi del 15/9/2010) a possibili contromisure per arginare la riforma. Quali per esempio la costituzione di un fondo, gestito da una srl, in cui confluirebbero le quote dismesse dai comuni (il 51% di questo fondo andrebbe sul mercato, mentre il 49% resterebbe in mano pubblica). Il regolamento, che ha ricevuto il via libera dal Consiglio di stato il 24 maggio scorso ed è stato approvato in via definitiva dal consiglio dei ministri il 22 luglio, approda in Gazzetta Ufficiale a quasi un mese di distanza dalla firma del presidente della repubblica, Giorgio Napolitano. La pubblicazione in G.U., oltre a sancire in modo definitivo l’entrata in vigore del regolamento, segna una tappa decisiva nell’attuazione della riforma perché fa partire il timing che in un anno dovrà portare gli enti locali ad aprire al mercato i servizi pubblici. Resteranno esclusi dall’applicazione del dpr il servizio di distribuzione del gas naturale, dell’energia elettrica, il trasporto ferroviario regionale, le farmacie comunali e i servizi strumentali. Nel settore idrico, al centro di numerose polemiche per via della (presunta) privatizzazione dell’acqua realizzata dal governo, vengono introdotte norme a tutela della gestione pubblica delle risorse. In presenza di specifiche condizioni di efficienza (chiusura dei bilanci attivo, reinvestimento di almeno l’80% degli utili, applicazione di una tariffa media inferiore alla media di settore, raggiungimento di costi operativi medi annui al di sotto della media) le gestioni in house potranno essere considerate non distorsive del libero mercato e vantaggiose per i cittadini e in questo modo proseguire. Un’altra rilevante novità riguarda l’assoggettamento degli affidatari in house alle regole del patto di stabilità interno. Le società esterne non potranno più essere utilizzate dagli enti locali come escamotage per dribblare i vincoli contabili, ma anzi saranno gli stessi comuni a vigilare sul rispetto del Patto. Conflitti di interesse. Il regolamento contiene infine norme molto severe in materia di conflitti di interesse, distinguendo in modo netto le funzioni di regolazione da quelle di gestione. Per questo si prevede che gli amministratori, i dirigenti e i responsabili degli uffici e dei servizi degli enti locali non possano svolgere incarichi di gestione nelle società. L’incompatibilità scatterà anche se la carica nel comune o nella provincia è stata ricoperta tre anni prima di assumere l’incarico di gestione nella società di utility. E colpirà anche il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado. Chi negli ultimi tre anni ha ricoperto la carica di amministratore locale non potrà essere nominato amministratore di società partecipate.
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