CATANIA – «Il governo non ha nessuna intenzione di appoggiare proposte che cancellino le province». Il ministro della Giustizia Angelino Alfano interviene a Catania nella giornata conclusiva dell’assemblea nazionale dell’Upi, e boccia la proposta presentata martedì alla Camera da Api, Udc e Futuro e libertà per cancellare 72 province con meno di 500mila abitanti e trasformare le 38 superstiti in enti di II livello, formati dai sindaci del territorio. A Catania Alfano gioca in casa, e stoppando il progetto centrista guarda anche alle polemiche domestiche, accese dal progetto di riforma istituzionale elaborato dalla quarta giunta Lombardo, che mette a rischio l’assetto delle province siciliane. «La nostra idea – ha spiegato il vicepresidente della Regione Sicilia, Gaetano Armao – è di avviare le città metropolitane di Palermo, Catania e Messina, che assorbirebbero i comuni delle tre cinture e imporrebbero una rivisitazione di tutti gli altri enti». Le tre città metropolitane governerebbero quasi sei siciliani su dieci; il resto potrebbe essere affidato a consorzi fra comuni, in linea con lo statuto speciale. Il tema è entrato nella polemica fra lealisti del Pdl e Mpa, alla guida di una giunta appoggiata dall’Udc e dal Pd. «Lo scopo ? ha detto Alfano – è cancellare enti ritenuti ostili alla nuova maggioranza politica della Regione, e magari lasciar proliferare i consorzi fra comuni con una conseguente moltiplicazione dei costi». Nell’ambito del parlamento nazionale, l’idea rilanciata da Linda Lanzillotta (Api), Gianluca Galletti (Udc) e Italo Bocchino (Fli) propone una ristrutturazione radicale, che farebbe risparmiare nei nuovi 38 enti un miliardo all’anno, da destinare alla ricerca «Proposta fuori tempo massimo – ha chiuso Michelino Davico, leghista e sottosegretario all’Interno con delega agli enti locali -; ne abbiamo discusso nelle prime battute della Carta delle autonomie, ne abbiamo riparlato con la manovra correttiva, e il parlamento ha deciso di seguire un’altra strada. Piuttosto è urgente rilanciare il processo di attuazione delle città metropolitane e varare la Carta delle autonomie». Quanto ai ritocchi giudicati necessari al federalismo fiscale, dal governo arriva la disponibilità al confronto. Nel documento finale gli amministratori provinciali chiedono un incontro urgente a Berlusconi. Propongono la compartecipazione a un «grande tributo erariale» come Iva o Irpef, per compensare gli squilibri territoriali del fisco legato all’auto; la compartecipazione a un tributo regionale per finanziare in maniera integrale la spesa corrente e di conto capitale legata a funzioni trasferite dai governatori; l’alleggerimento dei tagli e lo sblocco di 300 milioni (4% dei residui passivi congelati nelle casse delle province) per pagare gli investimenti già effettuati.
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