La via smarrita del sacchetto raccolta virtuosa solo al Nord

Il dossier

Repubblica
26 Ottobre 2010
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ROMA – Partono tutti dalle case degli italiani, ma subito ciascuno prende la sua strada. Alla fine quasi un sacchetto di rifiuti su due finirà in una discarica. Ma se si mette da parte il dato nazionale (il 45% dei rifiuti finiti in discarica nel 2008, dati Ispra) si scoprono i tanti viaggi della spazzatura, perché ci sono città che hanno sposato un modello virtuoso o cercano di avvicinarsi, e altre che sono ancora lontane, soprattutto al sud. A Torino la differenziata è al 41,5%, a Roma è un sacchetto su cinque, a Bari poco di più, a Napoli appena il 19%. Carta, vetro, plastica, metalli, distinti e raccolti, prendono la via del recupero. Per la parte non riciclabile c’è chi ha azzerato il ricorso alla discarica, come Milano o Venezia. Resta meta finale a Bari, dove i rifiuti indifferenziati sono prima trattati nell’impianto di stabilizzazione, ma anche nella capitale. «Un sistema virtuoso di gestione integrata deve ridurre la quantità di rifiuti prodotti, raccogliere la differenziata, trattare i materiali e conferire meno rifiuti possibile in discarica: i modelli più virtuosi sono Lombardia ed Emilia Romagna, i maggiori problemi si riscontrano nelle regioni che hanno la percentuale più alta di rifiuti in discarica, tra cui Campania e Sicilia», chiarisce Gianluca Cencia, direttore di Federambiente. «Con l’Osserva-torio nazionale dei rifiuti abbiamo rivisto le linee guida per contenere la produzione, ma la gestione dipende da tutti i soggetti: bisogna insistere su pianificazione a medio termine e investimenti». In Italia resta molto da fare nella prevenzione (per ridurre la produzione di rifiuti), come nella differenziata ritardata anche da livelli di raccolta inadeguati. A Milano la raccolta si fa porta a porta: il 73% del vetro viene recuperato, si punta al 93%. Anche la terra raccolta con la pulizia delle strade è riusata per materiali edili e manti stradali. Quello che non viene riciclato e parte dell’orga-nico finisce nel termovalorizzatore Silla 2, a 12 chilometri dal capoluogo, che produce elettricità per 100mila famiglie e calore per 20mila appartamenti. Risultati raggiunti con una campagna di educazione civica capillare: «Passata anche attraverso le multe e una rete di 30 ispettori per i sacchetti», racconta Sergio Galimberti, presidente di Amsa Milano. A Bologna in discarica arriva poco più del 18% di rifiuti pretrattati. La differenziata è il 36% del totale, e l’organico finisce negli impianti di compostaggio, dove la parte umida diventa fertilizzante agricolo. Negli impianti di raccolta per il riciclo sono trattati 250mila tonnellate di rifiuti recuperabili l’anno. Oltre il 60% dell’indifferenziata va invece nel termovalorizzatore. «La gestione dei rifiuti è centrata su recupero delle materie e produzione di energia: vogliamo superare il ricorso alla discarica nell’arco di 5 anni», dice Claudio Galli, ad di Hera ambiente. A Venezia in discarica arriva solo il 3% dei rifiuti e il 97% dell’indif-ferenziata è recuperato sotto forma di energia. «Ma con un corretto conferimento della differenziata si potrebbe arrivare al 60%», dice Andrea Razzini, ad di Veritas. Al Sud la destinazione dei sacchetti resta la discarica, e il livello di differenziata si abbassa. Anche a Roma il 80% dei rifiuti finisce lì. «Siamo invasi dai sacchetti e la prevenzione della produzione di spazzatura resta un fronte caldo», spiega Franco Panzironi, ad di Ama. «Dobbiamo migliorare la differenziata, ma la città avrebbe bisogno di due impianti di trattamento termico come quello di Albano». A Napoli il 40% dei rifiuti indifferenziati finisce in discarica senza essere trattato. Della parte trattata solo il 50% viene portato al termovalorizzatore di Acerra. La raccolta differenziata non raggiunge un quinto del totale. «La frazione organica di rifiuti deve essere portata negli impianti di compostaggio fuori dalla Regione perché non ci sono centri di trattamento», precisa Daniele Fortini, ad di Asia Napoli. È una delle criticità di gestione.

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