Taglio del 30% ai certificati verdi

Domani in Cdm il dlgs sulle energie alternative. Niente ghigliottina per gli incentivi al solare

Italia Oggi
2 Marzo 2011
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Taglio del 30% al valore dei Certificati verdi, per gli incentivi su idroelettrico, geotermico, eolico e biomasse. Il dlgs sulle energie rinnovabili, domani al vaglio del consiglio dei ministri, modifica il valore delle agevolazioni al rinnovabile, tagliando il valore dei certificati verdi riacquistati dal Gse e rilasciati per «gli anni dal 2011 al 2015». Il ritiro, va detto, avviene per i soli titoli «eccedenti quelli necessari per il rispetto della quota d’obbligo». Il prezzo di riacquisto dei certificati sarà pari al 70% di quello applicato fino a fine 2010; valore questo indicato dalla manovra 2007 attorno ai 180 euro circa. La sforbiciata impatta sulle imprese che hanno già avviato investimenti contando su un prezzo prefissato di ritiro e che hanno già contratto finanziamenti con le banche. Il provvedimento, comunque, ha passato ieri l’esame del preconsiglio (si veda ItaliaOggi di ieri). E, al tavolo dei tecnici ministeriali la bozza non sarebbe passata senza correzioni. Secondo quanto risulta a ItaliaOggi, ci sarebbero stati interventi in merito al fotovoltaico e al biogas. Nel merito, sarebbe saltata la soglia massima di 8 mila MW di potenza fotovoltaica complessiva, installata nel paese, che una volta raggiunta, in base allo schema di dlgs, avrebbe segnato il blocco instantaneo degli aiuti al solare. Il Cdm di domani dovrà sciogliere questo nodo; decidere, cioè, se continuare con gli incentivi al fotovoltaico o meno. Una cosa, però, è certa: se dovesse passare lo stop agli aiuti, il blocco molto probabilmente scatterebbe già da agosto 2011. Visto che l’Italia ha raggiunto i 7 mila Mw di potenza installata complessiva già a fine 2010. Ma non è tutto. A partire dal 2013, il mercato dei certificati verdi comincerà a ridursi, fino a sparire. Il dlgs sulle rinnovabili prevede, infatti, che da quell’anno la quota di riacquisto dei titoli eccedenti vada a ridursi «linearmente in ciascuno degli anni successivi, a partire dal valore assunto per l’anno 2012 in base alla normativa vigente, fino ad annullarsi per l’anno 2015». Al suo posto? Torneranno le tariffe incentivanti. Un meccanismo che ricorda il vecchio sistema CIP6. In sostanza, il sistema di incentivazione, oggi utilizzato per il fotovoltaico, verrà esteso anche alle altre fonti di energia rinnovabile. In particolare, per i piccoli impianti fino a cinque Mw, verrà definita una tariffa incentivante, il cui valore sarà calcolato in base al valore attuale dei certificati verdi, decurtato del 30%. Per i grandi impianti, invece, la tariffa incentivante sarà messa all’asta dai dicasteri dell’ambiente e dello sviluppo economico. Il meccanismo sarà quello dell’asta al ribasso e la base d’asta sarà parametrata al valore attuale dei certificati verdi, tagliato del 30%. Comunque, a conti fatti, qualche fonte energetica che scampa alla ghigliottina c’è. In base al testo di dlgs al vaglio del Cdm, il Gse continuerà a ritirare (riacquistare) a prezzo pieno i certificati verdi, rilasciati per le produzioni 2011-2015, relativi agli impianti di cogenerazione abbinati a teleriscaldamento (articolo 2, comma 3, lettera a) del decreto del ministro delle attività produttive 24 ottobre 2005, pubblicato nella Gazz. Uff. 14 novembre 2005, n. 265, S.O). Il prezzo di ritiro di questi ultimi certificati, si legge nel dlgs, «è pari al prezzo medio di mercato registrato nel 2010». Dunque, nessuna decurtazione. Reazioni. La norma, che taglia gli aiuti al fotovoltaico ha creato allarme. Per la Cna, una simile disposizione «determinerebbe uno stallo della filiera e delle imprese, che hanno già investito o mutato la propria attività in tale ambito e non risolverebbe il problema della copertura dei costi per l’incentivazione delle fonti rinnovabili». Confagricoltura, invece, «chiede che lo schema di decreto legislativo in cui si recepisce la direttiva europea 2009/28/Ce venga rivisto per quanto riguarda il fotovoltaico ed il biogas, prevedendo per quest’ultimo l’applicazione di ogni eventuale modifica del sistema a partire dal 1 gennaio 2013». In particolare, secondo palazzo Della Valle, «per il biogas desta fortissima preoccupazione l’aver previsto una restrizione sulla tipologia di biomasse impiegabili negli impianti, che si andrebbe ad applicare già dall’entrata in vigore del decreto legislativo, con effetti devastanti non solo sul futuro della filiera, ma anche sugli impianti in via di realizzazione». Stefano Da Empoli, presidente dell’Istituto per la competitività, chiosa: «Da una nostra ricerca condotta un anno fa, con proiezioni al 2020, emerge che in caso di sviluppo di una filiera industriale fotovoltaica si può prevedere una ricaduta occupazionale annuale pari a 208 mila unità e un valore aggiunto pari a 110 mld di euro. Invece, senza una politica che attivi una filiera industriale, le ricadute occupazionali raggiungerebbero poco più di 20 mila unità lavorative attivate e un valore aggiunto di circa 22 mld di euro. Se, dunque, passerà il blocco degli incentivi al solare, cioè la soglia degli 8 mila Mw, lo scenario di filiera industriale fotovoltaica andrà a carte 48». Per il presidente nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, «mentre in Italia il governo Berlusconi vuole porre il limite di 8 mila Megawatt per il fotovoltaico la ben meno assolata Germania si è posta l’obiettivo per il 2020 di 20 mila Megawatt di fotovoltaico». Controcanto invece di Vincenzo Pepe presidente nazionale di FareAmbiente. Secondo Pepe: «In un momento in cui, causa anche la situazione internazionale, il prezzo degli idrocarburi sembra essere destinato ad aumentare vertiginosamente, l’energia nucleare appare l’unica vera fonte alternativa al petrolio e in grado di fornire adeguata potenza». Infine Legambiente avverte: «Il dlgs vieta ai regolamenti comunali e alle leggi regionali di intervenire autonomamente in materia di rinnovabili. Il paradosso è che, a partire dall’approvazione del provvedimento, le leggi approvate in Piemonte e in Lombardia, come in centinaia di comuni del Nord Italia, diverranno di colpo illegittime, poiché questi territori improvvisamente si troveranno a possedere standard superiori rispetto a quelli consentiti dal governo e quindi saranno automaticamente cancellati».

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