Appesantito dalla zavorra del voto di fiducia imposto dal governo sul fisco comunale, da domani entra nel vivo in parlamento il confronto politico su federalismo regionale e costi standard sanitari. E la tensione sale. Per la bicamerale ? che oggi concluderà le audizioni col presidente della Copaff (commissione paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale), Luca Antonini ? la discussione generale inizierà in un clima che il centrosinistra non gradisce affatto: il precedente della fiducia sui comuni rischia di rendere più caldo il clima anche sul federalismo regionale. In una situazione di parità tra maggioranza e opposizione che Calderoli spera ancora di «riequilibrare». E con tempi d’esame ancora in forse: il parere è previsto per venerdì 11 marzo, ma non si esclude una proroga. «Domani entreremo nel merito di un provvedimento che giudico con convinzione molto positivo», si limita ad affermare per il momento il relatore di maggioranza, Massimo Corsaro (Pdl). Qualsiasi previsione sui tempi d’esame, insomma, sarà possibile farla solo a dibattito avviato. Il vice presidente della bicamerale, Marco Causi (Pd), intanto, mette in guardia per lo strappo della fiducia sul federalismo municipale che ha bypassato la bicamerale: «Non è un buon segno. Ora ci può essere un irrigidimento delle posizioni». Anche per Linda Lanzillotta (Api) adesso «sarà difficile un confronto». Il riequilibrio tra maggioranza e opposizione nella bicamerale dopo la spaccatura tra i finiani, ha detto ieri Calderoli, «mi sembra realistico e doveroso». Anche se, ha aggiunto il ministro, «non spetta al governo né la richiesta né la tempistica». Ma è chiaro che il problema della parità assoluta di oggi (15 a 15) tra maggioranza e opposizioni, è destinato ad esser riproposto dal centrodestra. Numeri dei commissari a parte, da domani in bicamerale si dovranno però affrontare tutti i nodi del decreto sul federalismo regionale e sui costi standard sanitari. Le opposizioni cominciano ad affinare gli emendamenti, ma anche la maggioranza non potrà restare neutra. Sui livelli essenziali delle prestazioni sociali (i lep), non stimati né finanziati; sulle addizionali Irpef che rischiano di intervenire localmente in maniera diversa perfino su scaglioni di reddito e progressività, per non dire degli effetti nelle regioni sottoposte a piani di rientro dal debito sanitario che già applicano aliquote al massimo. In tutto questo la partita sulla sanità e sui costi standard è decisiva. Anche davanti alla richiesta del sud di prevedere criteri di riparto non legati solo all’età della popolazione, ma che considerino gli squilibri socio-economici territoriali, a cominciare dalla «deprivazione». Un tema bipartisan almeno al sud, ma che il centrosinistra intende cavalcare, magari puntando sul riconoscimento delle carenze infrastrutturali. Partita difficilissima. Anche se il relatore Corsaro frena: «La deprivazione in sé non mi spaventa. Ma ci vuole cautela». Il governatore veneto Luca Zaia ieri è stato ancora più netto: «Neanche sotto tortura dirò sì al criterio della deprivazione». A meno che alla fine l’anima trattativista del Carroccio non decida altrimenti.
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