E’ certamente positivo il giudizio sul decreto approvato nei giorni scorsi dal governo. Si avvia un percorso che coniuga efficienza e sviluppo, con una grande attenzione agli obbiettivi di sviluppo della green economy ma anche una grande attenzione ai passi da gigante della tecnologia che garantisce un continuo miglioramento delle performance ed una costante riduzione dei costi delle fonti incentivate. Basta vedere i progressi del settore eolico, sempre più vicino alla grid-parity, o del settore fotovoltaico che nel giro di pochi anni ha visto men che dimezzato il costo per kw installato e contemporaneamente fortemente incrementata l’efficienza dei pannelli e la loro affidabilità. Bene quindi ha fatto il ministro Romani nel reperire questi ottimi risultati della tecnologia ed avviare un percorso di costante adeguamento degli incentivi, laddove ancora necessari, con un occhio a quanto fanno i nostri competitor europei, in primis Francia e Germania. Avremmo certo preferito una maggiore decisione nella definizione dei tetti di sviluppo delle fonti rinnovabili laddove incentivate: il rush dell’ultimo anno, ormai confermato dal Gse nei suoi contorni macro, dimostra l’inadeguatezza del sistema incentivante, incapace di recepire gli evidenti messaggi di sovra-incentivazione connesso con lo sfondamento degli obbiettivi del piano di incentivazione. Avremmo in tal senso molto apprezzato il mandato alla Aeeg a un costante adeguamento del sistema incentivante, con forte attenzione sia alla evoluzione tecnologica che al quadro incentivante in Europa. Preoccupazione invece desta il passo indietro operato con il ritocco del prezzo di ritiro del Certificato Verde: il ritocco del parametro dal 70% al 78% rappresenta un aumento del costo del 10%, aumento che si somma alla incentivazione in essere e che è comunque la più alta d’Europa, non certo una minore diminuzione del certificato, come sembrano avvalorare giornalisti poco attenti al corretto riscontro delle affermazioni. Preoccupa questa disinformazione continua, anche nella stampa più specializzata ed usualmente caratterizzata da imparzialità e serietà. Segno dei grandi interessi in gioco, interessi che però non possono alimentare questo assalto alla diligenza che copre la difesa di generose rendite che inesorabilmente finiscono per alimentare sviluppi non chiari. Come non riscontrare il crescente scollamento tra costi che si sono più che dimezzati e incentivi appena limati: non ci possiamo permettere di sovvenzionare lo smaltimento dei magazzini cinesi di materiali obsoleti come successo nell’ultimo anno con il fotovoltaico. Altrettanto vale per l’eolico, tecnologia ormai matura. Come non vedere nell’incentivo dato alle biomasse in forma concentrata in una frazione della vita utile una distorsione che porta ad un esplosivo sviluppo seguito immediatamente dall’abbandono di impianti che non hanno nemmeno raggiunto metà della vita utile, dimessi ancora perfettamente efficienti. O infine incentivazioni poco mirate che rischiano di drenare, a causa del troppo lauto incentivo, le materie prime da settori consolidati ed altrimenti fiore all’occhiello dell’industria italiana con importanti posizioni nell’export. È chiaro che i grandi interessi in gioco rendono difficile la strada della rigorosità e della trasparenza, ne vediamo bene le distorsioni anche al nostro interno, dove è sempre più difficile superare le contrapposizioni alimentate dalle lobby interessate al mantenimento di queste ingiustificate e deleterie rendite. Dovremmo invece focalizzare sull’efficienza energetica, laddove l’Italia è portatrice di tecnologie all’avanguardia, in grado di migrare con successo all’estero. È qui che dobbiamo impegnarci, in un campo che ci può vedere vincenti in Europa e nel mondo e che può contribuire molto al raggiungimento degli obbiettivi tramite la contrazione del denominatore, i consumi da ridurre, e non solo sul costoso numeratore. Nei giorni scorsi, onorevole ministro, abbiamo chiesto anche noi di essere ricevuti per esporLe le nostre preoccupazioni. La supporteremo pubblicamente soprattutto per contrastare questa ignominiosa disinformazione che vorebbe ridurre a slogan umilianti, alcuni miliardi di euro per 20 anni ridotti a una “tazzina di caffè”, disinformazione che porterà al mantenimento di ingiustificate rendite con un forte aggravio di costi in capo alla nostra industria e con una grave ipoteca ingiustificata in capo alle generazioni future.
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