MILANO – «Nell’arco di sette-otto anni i precari potranno trovare un posto a tempo indeterminato nella pianta organica della scuola». Intervenuta ieri alla Camera per rispondere a un’interrogazione del leader Idv Antonio Di Pietro, il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini ha rilanciato una delle parole d’ordine storiche del mondo della scuola, l’assorbimento integrale dei precari: nelle parole del ministro, l’obiettivo non è un auspicio generico ma il frutto dei calcoli del governo, che «ha previsto una graduale immissione in ruolo proporzionata alla capacità di assorbire posti di lavoro da parte della scuola». Per centrarlo, però, occorre non solo un’inversione di marcia nelle dinamiche degli organici ma anche la definizione di più di un tassello normativo che ancora fatica a trovare il suo posto. L’intervento del ministro, che ha risposto all’Idv e a un’interrogazione del Pd sull’atteggiamento del governo nei confronti dell’istruzione pubblica, nasce dalle polemiche che hanno accompagnato le dichiarazioni del premier Silvio Berlusconi sulla «possibilità di educare i propri figli liberamente» senza essere «costretti a mandarli in una scuola di Stato». Dopo aver ribadito che nell’ottica del governo «l’idea che ci sia un attacco alla scuola pubblica» è solo «un pretesto per le opposizioni per scendere in piazza», il ministro è passato all’analisi sul personale, indicando la prospettiva dell’azzeramento del precariato in sette-otto anni. In lista d’attesa, secondo le ultime rilevazioni, ci sono 232mila docenti, più 60mila precari che compongono le liste permanenti di tecnici, amministrativi e personale ausiliario. Per assumerli tutti nell’arco di tempo indicato dalla Gelmini servirebbero 36mila nuovi ingressi all’anno, al netto dei pensionamenti che comunque interesseranno una quota (molto limitata) dei precari «storici». L’obiettivo è ambizioso, ed è stato più volte mancato nelle scorse legislature: le stesse Scuole superiori per gli insegnanti, nate nel 2000 per preparare un numero di docenti proporzionato alle esigenze della scuola, hanno chiuso i battenti nel 2008 dopo aver dato il loro contributo all’ingigantimento del problema-precari. Oggi manca ancora una nuova disciplina per il reclutamento (solo il regolamento sulla formazione iniziale ha da poco ottenuto il via libera finale), che dovrà trovare un punto di equilibrio fra le esigenze dei precari e quelle di nuovi aspiranti insegnanti. Sui numeri, del resto, il dibattito è aperto: ieri la Cisl scuola ha diffuso un dossier che chiede di «tornare a investire sulla scuola», e mostra le 81mila cattedre cancellate dal piano triennale scritto nella manovra 2008. Nell’ultimo anno i posti in meno sono stati circa 20mila ma, ha spiegato il ministro, «la riduzione effettiva è stata di circa 3mila posti», perché il resto è stato assorbito dai pensionamenti. Ancora in attesa di un chiarimento, poi, la questione degli inserimenti «in coda», dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento