In teoria i pagamenti della pubblica amministrazione dovrebbero essere tempestivi. Il tema, infatti, è stato al centro delle misure anti-crisi del 2009, con la norma che vieta ai funzionari di dare il via libera a qualsiasi impegno di spesa senza aver verificato che i relativi pagamenti non si incaglino nel patto di stabilità. In teoria. Perché l’intervento agisce solo sui nuovi atti di spesa, ma non offre risposte sui lavori avviati, e nemmeno dà certezze sui tempi effettivi. Gli interventi contro i ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione sono un misto di prudenza nel prevedere regole che consentono di pagare e di slancio verso strumenti di “gestione” del ritardo. Come la certificazione da parte dell’ente pubblico dei crediti certi, liquidi ed esigibili, che ha introdotto a favore delle imprese nuove opportunità per la cessione dei crediti a banche o intermediari finanziari, senza però agire sul pronto pagamento da parte di regioni ed enti locali. Anche l’ultima novità della Finanziaria 2011, finalizzata ad «accelerare i pagamenti dei comuni nei confronti delle imprese fornitrici», è in realtà un contributo statale per il pagamento degli interessi maturati proprio per i ritardi. Il fondo di 60 milioni di euro per il 2011, sarà destinato solo ai comuni in regola con il patto nell’ultimo triennio e virtuosi nel rapporto delle spese di personale sulle entrate correnti. È evidente il paradosso di un disposizione di accelerazione dei pagamenti, che finanzia invece il loro stallo. L’unica vera boccata d’ossigeno è stata la norma che ha sbloccato una quota dei residui passivi: peccato che, dopo aver liberato 1,6 miliardi nel 2009, l’anno scorso lo sblocco sia stato limitato a 300 milioni, e che per quest’anno non sia previsto nulla. Intanto a rallentare l’iter già tortuoso dei pagamenti (anche nei comuni non soggetti al patto di stabilità) sono intervenute le novità sulla tracciabilità dei flussi finanziari, che impongono alla pubblica amministrazione la verifica del conto corrente dedicato, l’indicazione dei codici (cig e cup), l’inserimento nei contratti della clausola di tracciabilità, la verifica degli obblighi di legge da parte degli appaltatori, subappaltatori e subcontraenti.
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