MILANO – Aveva scritto gli atti della gara per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas, aveva preparato la perizia tecnica per la valorizzazione degli impianti e il rimborso al gestore uscente, e poi era entrato come membro della commissione che avrebbe dovuto individuare il nuovo affidatario. Troppe giacchette sulle spalle dello stesso soggetto, però, invalidano la gara, e impongono anche il risarcimento del danno all’impresa che ha partecipato alla gara invalidata. A stoppare il «conflitto di interessi» nella gara d’appalto messa in piedi da un comune veneto è il Consiglio di stato, nella sentenza 1628/2011. Al di là della vicenda specifica, che ha visto la stessa persona ricoprire una pluralità di ruoli prima e durante la procedura concorsuale, il principio fissato dal Consiglio di stato è chiaro: chi ha partecipato alla fase preparatoria della gara non può poi far parte della commissione giudicatrice. A salvare la procedura non è stato sufficiente nemmeno il fatto che l’ingegnere al centro della vicenda fosse stato indicato come consulente, ricoprendo quindi un ruolo formalmente esterno nell’ambito della commissione. «Il dato sostanziale» che conferma la sua partecipazione piena alle valutazioni, spiegano i giudici d’appello, prevale sulla «veste formale», anche perché l’ingegnere aveva avuto «compiti decisionali determinanti nella valutazione delle offerte tecniche»; compiti, questi ultimi, che non possono essere attribuiti a un «esterno» alla commissione, per non eludere le regole (articolo 84 del codice degli appalti) che impongono il ricorso a «professionalità tecnicamente attrezzate» all’interno dell’organo collegiale. La violazione delle regole da parte del comune non comporta solo la cancellazione della gara, ma impone anche il risarcimento del danno all’impresa che ha fatto ricorso. I giudici hanno infatti riconosciuto il «danno emergente», alimentato dalle spese sostenute per partecipare a un appalto «destinato a non trovare definizione» proprio per la sua illegittimità. Al danno emergente, arricchito dagli interessi legali, non si aggiunge però il «lucro cessante», ipotizzabile per il fatto che l’impegno nella gara incriminata abbia fatto perdere all’impresa altre occasioni di business; per individuare questo secondo tipo di danno, infatti, i giudici non hanno trovato «idonei elementi di prova».
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