Torna nel cassetto anche il piano energetico nazionale

I primi effetti della moratoria

Il Sole 24 Ore
24 Marzo 2011
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ROMA – Mai moratoria fu più agevole. Mai moratoria fu più insidiosa. Per gli stessi identici motivi. Moratoria agevole perché a ben guardare non fa altro che istituzionalizzare uno scollamento tra i proclami sul Rinascimento nucleare italiano e una tempistica ormai cronicamente ritardata. Ecco l’anno e passa di “moratoria” (solo che non si chiamava così) che il governo si è concesso per battezzare l’Agenzia per la sicurezza nucleare, il presupposto tecnico ma anche mediatico di tutta l’operazione. Non a caso alla guida dell’organismo è stato scelto, da poco, il popolare oncologo Umberto Veronesi. Che però si aggira, solo figurativamente, tra uffici che non ci sono (la sede manca ancora) e personale da reclutare. E che dire del più importante dei decreti legislativi che doveva dare sostanza al piano nucleare lanciato con la legge “sviluppo” dell’estate di due anni fa? Varato anche se in ritardo nel marzo dello scorso anno il decreto legislativo su criteri per scegliere i siti delle centrali e per compensare la gente lì intorno è stato contestato dagli enti locali, bocciato dalla Corte Costituzionale proprio perché non garantiva i requisiti minimi del confronto con le regioni, riproposto solo nei giorni scorsi con qualche correzione formale e ora, quasi provvidenzialmente, caduto nel limbo della moratoria. Ma a mostrarci quanto sia agevole e insieme insidiosa questa moratoria è l’oscuro destino del vero provvedimento cruciale: il documento programmatico sulla strategia nucleare. Non poca cosa. Anzi, cosa grandissima. Perché questo documento, anch’esso ultra-ritardatario (doveva essere realtà nella seconda metà dello scorso anno) prometteva in realtà di essere lo snodo del piano energetico nazionale: il nucleare doveva rappresentare un importante tassello in un minuzioso percorso che doveva disegnare il nostro scenario energetico da qui a venti o trent’anni riempiendo di contenuti l’obiettivo ideale del 25-25-25. Ma ecco che cosa ha deciso ieri il governo: nella moratoria cade anche il documento programmatico sulla strategia nucleare. Traduzione: tra un ripensamento (ora conclamato) e l’altro, fra un ritardo (pervicacemente negato) e l’altro, a guadagnarsi una imbarazzante moratoria è proprio il nuovo piano energetico nazionale, da tempo atteso a prescindere dalle scelte nucleari. Cosa fare a questo punto? L’interscambio di energia, come già quello delle materie prime (quelle petrolifere in testa), sta diventando cosa assolutamente sovranazionale. Diciamo, nel caso dell’energia elettrica e di ciò che serve produrla, sempre più europea. E sono tre i grandi filoni energetici che la moratoria alimenterà nei prossimi, probabilmente molti, anni: l’industria delle rinnovabili, l’uso “ad interim” del già straripante gas metano e lo stesso nucleare, inteso come perfezionamento del nucleare attuale, magari proiettato verso un affinamento della sicurezza dei reattori come quelli che noi volevamo usare (il francese Epr frutto della joint che non si sa che fine farà tra Enel o Edf, o l’americano AP 1000), o direttamente verso la quarta generazione. Sulle rinnovabili forse sarebbe il caso, visto che ci siamo, di privilegiare ciò che finora è mancato davvero: la creazione di una filiera industriale degli apparati, che finora abbiamo largamente comprato dalla Cina o dalla più vicina Germania. La ricerca sul nucleare? Qualche interrogativo sul ruolo del depauperatissimo Enea sarebbe d’obbligo. Sul gas metano si profila uno scenario assai favorevole. Sta per entrare in funzione il nuovo mega-gasdotto Galsi dall’Algeria. Lambiranno l’Italia i nuovi gasdotti che si contendono le nuove vie dall’Oriente all’Europa (So-uth Stream, Nabucco), mentre la momentanea interruzione del flusso di metano dalla Libia non ci sta procurando troppi problemi. Domanda: perché non dare retta a un uomo capace come Alessandro Ortis, l’ex presidente dell’Authority per l’energia e fare nel nostro paese un grande e sicuramente profittevole hub del gas per tutta l’Europa, che con la crisi del nucleare chiederà sicuramente quote aggiuntive di metano? Un quesito, tra i tanti, ai quali il nostro governo potrebbe e dovrebbe, bontà sua, rispondere quanto prima.

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