La Puglia si candida anche per il 2011 a mantenere il primato nelle energie rinnovabili con una produzione ricavata dal vento pari a 1.200 megawatt. Un dato che mostra quanto siano radicate le pale eoliche nonostante la frenata agli impianti off shore imposta dai ministeri dell’Ambiente e dei Beni Culturali. Il progetto della Trevi Energy di costruire due centrali eoliche marine nel Basso Adriatico, a pochi km dalla costa, ha ricevuto una Valutazione di Impatto Ambientale negativa, dopo il parere sfavorevole di compatibilità ambientale già arrivato nel 2010 dagli uffici della Regione Puglia. Il progetto della Trevi Energy di Cesena, controllata al 100% da Trevi Finanziaria Industriale e nata per sviluppare iniziative nel settore delle rinnovabili, era stato presentato nel 2007 per le acque di Brindisi, Chieuti e Manfredonia, rispettivamente per 120, 150 e 300Mw di energia. Per l’installazione di pale eoliche nelle acque del brindisino la Commissione di valutazione d’impatto ambientale del ministero dell’Ambiente aveva già anticipato in una nota il parere negativo. Per gli altri due siti si è espressa definitivamente il 28 gennaio 2011. L’unico piano per l’eolico marino di competenza regionale è quello in provincia di Lecce, al largo di Tricase, 20 km dalla costa lungo il canale d’Otranto, e dovrebbe essere avviato il prossimo anno. La struttura è composta da piattaforme galleggianti e ha ricevuto il via libera dal Comitato Regionale di Valutazione d’Impatto Ambientale perché non andrà a incidere sul fondale, e le 24 pale eoliche non saranno visibili a occhio nudo dalla costa data la distanza. In tutto produrranno 90 Mw di energia e saranno realizzate dalla pugliese Sky Saver di Santeramo in Colle insieme alla multinazionale Blue H. Sulla terraferma intanto la Puglia continua a produrre più di quanto la rete elettrica sia in grado di assorbire. Le pale eoliche sono 600, in linea con quanto previsto dal Piano energetico regionale pugliese che dai 1.200 Mw di produzione attuale prevede al 2016 un potenziamento di 800 ulteriori Mw. Solo il Subappennino Dauno, nel Foggiano, conta 38 impianti, proprio per la conformazione del territorio che lo rende maggiormente soggetto ai venti di quanto non lo siano le zone pianeggianti del barese e del Salento. Le società presenti nella zona sono la svizzera Foster Weeheler/Icq con il parco di Pietramontecorvino e le italiane Fortore Energia (a Biccari, con un impianto da 12 Mw) e IP Maestrale, con tre siti parchi: Poggio Imperiale da 30 Mw, Motta da 11,88 e Panni da 19,8. Anche Edison ha trovato spazio con l’impianto di Orsara da 18,4 Mw, mentre Inergia, costola della Santarelli, si è stabilita nel leccese, a Surbo, con l’impianto più potente del Salento (18 pale per 36 Mw). Non è un caso se l’Ocse, organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, abbia scelto Bari per l’ultimo convegno sullo sviluppo rurale e la produzione energetica legata alle fonti rinnovabili. La Puglia è infatti in testa dal 2007 nella classifica delle regioni italiane che sfruttano il vento per produrre energia. «Eppure questo primato», ha dichiarato l’assessore all’Ambiente della Regione Puglia Lorenzo Nicastro, «ha determinato in alcuni casi una disordinata occupazione del suolo, in un quadro normativo nazionale caratterizzato da estrema lentezza nel recepire le norme europee». Dalla necessità di mettere ordine in questa situazione caratterizzata dalla domanda di costruire nuovi impianti, all’interno del dibattito sulle fonti di approvvigionamento energetico sono nate le nuove linee guida regionali per «l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili». Queste individuano i siti non idonei alle installazioni, orientando la produzione energetica verso la strutturazione di sistemi industriali di filiera corta, che assicurino non solo la produzione ma anche la gestione dell’aspetto energetico.
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