ROMA – Garantire per quest’anno a tutti i Comuni un livello di risorse pari a quello del 2010, al netto dei tagli operati con la manovra estiva. È con quest’obiettivo che ieri i sindaci hanno avviato il confronto con il Governo per la costruzione del «fondo sperimentale di riequilibrio», introdotto dall’articolo 2 del decreto sul fisco municipale per accompagnare il debutto del federalismo nei primi tre anni della riforma. L’entrata in vigore, ieri, del Dlgs ha fatto partire il calendario, stretto per una partita che sul 2011 vale 11,2 miliardi di euro: il nuovo decreto va emanato entro il 22 maggio, 45 giorni dopo l’entrata in vigore del provvedimento sul federalismo dei sindaci, e la necessità di dare ai Comuni qualche settimana per scrivere i bilanci preventivi con le nuove entrate “federaliste” impedisce l’allungamento dei tempi. Far quadrare il cerchio non è semplice: l’associazione dei Comuni ha studiato una formula per azzerare gli squilibri fra la vecchia distribuzione dei trasferimenti statali e la geografia dei gettiti (compartecipazione Iva e tributi immobiliari), che premiano soprattutto il Nord e il Lazio. Il problema principale è nei paletti posti dalla legge: la compartecipazione Iva, che vale 2,9 miliardi di euro, va distribuita in termini pro capite sulla base del gettito regionale, e anche la devoluzione del Fisco immobiliare è caratterizzata da una gabbia rigida: il 30% deve essere distribuito in base agli abitanti, e un quinto di quello che resta è riservato alle gestioni associate. «Quest’ultima regola – ha spiegato ieri il segretario generale dell’Anci Angelo Rughetti, alla presentazione del Rapporto Ifel 2010 sulla finanza locale – non è applicabile, perché manca una classificazione ufficiale delle gestioni associate». La trattativa si è appena aperta, ma in ogni caso rimane una quota intorno ai 5 miliardi che può essere utilizzata per sterilizzare le differenze fra vecchio e nuovo regime nei singoli comuni e garantire un avvio “morbido” dei bilanci federalisti. Il problema, agli occhi delle amministrazioni locali, è aggravato dal fatto che il debutto della riforma si incrocia con i tagli ai trasferimenti operati con la manovra estiva. Ieri l’Ifel ha offerto i numeri e le previsioni sugli effetti prodotti dal patto di stabilità sui bilanci comunali, spiegando che «il peggio deve ancora venire». Nel 2008-2009, secondo i calcoli dell’Ifel, la spesa in conto capitale dei Comuni è diminuita di 33 euro per abitante, ma «con gli effetti dell’ultima manovra – calcola Silvia Scozzese – responsabile scientifico dell’Istituto – fra 2009 e 2013 la flessione negli investimenti locali sarà del 15%», con una diminuzione nell’ordine dei 2,5 miliardi all’anno. Un dato cruciale, che si unisce alla stretta già operata sui pagamenti alle imprese (nel 2010 i sindaci hanno versato alle imprese 3 miliardi in meno del 2009; si veda Il Sole 24 Ore del 21 marzo) e che mostra uno dei “paradossi” più importanti delle regole attuali: il patto colpisce soprattutto gli investimenti, mentre la spesa corrente ha continuato a crescere (8 euro ad abitante in più tra 2008 e 2009).
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