Illegittimi gli affidamenti di servizi socio-sanitari disposti da 35 Asl su 42; violano la normativa nazionale e comunitaria i rinnovi con la stessa cooperativa e per lo stesso servizio. Illegittime tre leggi regionali (Lazio, Veneto e Puglia) che esulano dall’ambito della legge 381/91 e dalle norme sugli appalti pubblici; non possono essere oggetto di convenzioni servizi al pubblico come la gestione di un bar o di un parcheggio. Sono queste le risultanze dell’indagine sugli affidamenti di servizi socio-sanitari ed educativi da parte delle Aziende sanitarie locali, avviata dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici presieduta da Giuseppe Brienza nel luglio 2010. In ragione della pluralità di irregolarità, che alla fine hanno riguardato 35 Asl su 42, relativamente a 311 milioni di euro concernenti 291 contratti, e dopo i rituali approfondimenti, l’Authority ha quindi provveduto alla pubblicazione di una delibera (la n. 34 del 9 marzo 2011, resa nota ieri) in cui si precisano i limiti di legittimità degli affidamenti previsti dalla legge 381. Oggetto dell’indagine e della delibera sono stati infatti i servizi previsti dall’articolo 5 della legge 381/91 in base al quale si consente agli enti pubblici e alle società di capitali a partecipazione pubblica di stipulare «anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della p.a.», apposite convenzioni con le cooperative sociali per la fornitura di «beni o servizi» diversi da quelli socio-sanitari ed educativi, il cui importo stimato sia inferiore alla c.d. soglia comunitaria e purché tali convenzioni siano finalizzate alla creazione di opportunità di lavoro per le persone svantaggiate. Diverse le fattispecie anomale. In primo luogo molti affidamenti non rientravano nei limiti di importo e di oggetto. L’Autorità ha infatti accertato l’illegittimità dell’affidamento di servizi sociali di importo sopra-soglia «tramite convenzionamento diretto e senza previo espletamento di una procedura di evidenza pubblica, in applicazione della legislazione regionale di settore che ammette l’utilizzo di questo strumento anche per questi servizi e importi». Di queste leggi regionali (di Lazio, Puglia e Veneto) l’Authority non esita a definire, illegittimi i contenuti (per esempio per la previsione di convenzionamenti diretti sopra soglia, per l’affidamento in concessione di servizi aggiuntivi, per la riserva di affidamento di servizi alle sole cooperative sociali) in quanto in violazione della legge nazionale e comunitaria. In via generale l’Autorità ammette che le convenzioni ex articolo 5 della legge n. 381/1991 possano avere a oggetto la fornitura di beni e servizi, diversi da quelli socio-sanitari ed educativi di importo sottosoglia, in favore dell’amministrazione richiedente, ma tali convenzioni non possono concretizzarsi nella «concessione di servizi pubblici o comunque di servizi al pubblico riconducibili all’art. 30 del codice dei contratti, per i quali la controprestazione consista nel diritto di gestire il servizio» (l’esempio è quello gestione del parcheggio e del bar interno ad un presidio ospedaliero). L’organismo di vigilanza segnala inoltre che non è consentita la sottoscrizione di una convenzione di anno in anno con la medesima cooperativa per lo stesso servizio, pratica che elude i principi di rotazione ed economicità. In particolare si legge nella delibera che «il ricorso alla proroga ed al rinnovo, utilizzabili solo in via eccezionale, costituisce una violazione dei principi della libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza». La delibera chiarisce infine anche un delicato profilo per quanto riguarda l’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate che «non può essere considerato un servizio, né l’oggetto di una convenzione»; infatti, dice la delibera, «l’ambito della legge 381è comunque quello degli appalti, mentre la tutela dei diritto al lavoro dei disabili è garantita da altri strumenti previsti dall’ordinamento, quale è il sistema delle assunzioni obbligatorie, di cui alla legge n. 68/99».
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