Consiglieri nella pro loco

Necessario esaminare la natura dei rapporti tra l’ente locale e l’associazione

Italia Oggi
29 Aprile 2011
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Sussiste una causa d’incompatibilità per un consigliere comunale che è componente del consiglio direttivo della locale pro loco, costituita per finalità di promozione sociale e turistica del comune? La fattispecie deve essere esaminata in ragione di entrambe le statuizioni recate dal comma 1, nn. 1 e 2, dell’art. 63 del dlgs n. 267/2000 e non solo in ragione di quella recata dal numero 1 del citato comma. In merito alla posizione del consigliere comunale rispetto al consiglio direttivo dell’associazione, se, cioè lo stesso possa esserne ritenuto amministratore, occorre precisare che, in genere, i poteri del consiglio direttivo sono quelli di gestire l’associazione, promuoverne le attività e amministrarla. Se dalla lettura degli articoli dello statuto dell’associazione dedicati agli organi, si evince che il consiglio direttivo è investito dei poteri per la gestione ordinaria della pro loco, mentre il presidente dell’associazione ha la responsabilità dell’amministrazione e rappresenta l’associazione di fronte ai terzi ed in giudizio e che lo stesso consiglio direttivo, su proposta del presidente, può deliberare di attribuire speciali incarichi ai singoli componenti in determinati, specifici settori di competenza, appare delinearsi il conferimento al consiglio direttivo dei poteri ordinari di amministrazione dell’ente, che spettano ai componenti di norma collegialmente, mentre sono esclusivi di ciascun membro in caso di attribuzione di specifica competenza. Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, con il termine «amministratore» il legislatore ha inteso alludere a tutti i componenti dell’organo collegiale cui è affidata l’amministrazione di un ente, istituto, azienda, muniti o meno di poteri di rappresentanza. L’espressione «con poteri di rappresentanza o di coordinamento» contenuta nel comma 1 dell’art. 63 del Tuel, che sembrerebbe limitare l’ambito applicativo della norma, «è riferibile ai soli dipendenti e non già agli amministratori». È stato osservato, infatti, che la qualifica di amministratore è di per sé rilevante ai fini della determinazione del potenziale conflitto d’interessi che la norma mira a scongiurare e prescinde finanche dalla concreta partecipazione alle sedute del consiglio (cfr. Cass., sez. I civ., 25/6/1987, n. 5594). Dunque, la posizione dell’amministratore locale dovrà essere esaminata in relazione ai rapporti che concretamente legano l’ente locale all’associazione pro loco. Qualora il comune avesse instaurato con l’associazione un rapporto di sovvenzione, la posizione del consigliere comunale in questione deve essere esaminata alla luce del disposto di cui all’art. 63, comma 1, n. 1; qualora, invece, fosse stato stipulato un contratto per l’assolvimento di un servizio nell’interesse del comune, la situazione giuridica del consigliere comunale deve essere disciplinata secondo quanto disposto all’art. 63, comma 1, n. 2, prima parte, mentre sarebbe priva di rilievo, in relazione alla posizione del consigliere, l’insussistenza di qualsiasi rapporto di natura giuridica fra comune e associazione. L’assenza della finalità di lucro nell’associazione non è sufficiente ad escludere la sussistenza dell’ipotesi d’incompatibilità. Il comma 2 dell’art. 63 ha, infatti, escluso l’applicazione della suddetta ipotesi solo per coloro che hanno parte in cooperative sociali, iscritte regolarmente nei registri pubblici, dal momento che solo tali forme organizzative offrono adeguate garanzie per evitare il pericolo di deviazioni nell’esercizio del mandato da parte degli eletti e il conflitto, anche solo potenziale, che la medesima persona sarebbe chiamata a dirimere se dovesse scegliere tra l’interesse che deve tutelare in quanto amministratore dell’ente che gestisce il servizio e quello che deve garantire in quanto consigliere del comune che di quel servizio fruisce. In conformità al principio generale secondo cui ogni organo collegiale deve deliberare innanzitutto sulla regolarità dei titoli di appartenenza dei propri componenti, la contestazione della causa ostativa all’espletamento del mandato è compiuta con la procedura consiliare prevista dall’art. 69 del citato decreto legislativo, che garantisce comunque il corretto contraddittorio tra organo e amministratore, assicurando a quest’ultimo l’esercizio del diritto di difesa e la possibilità di rimuovere entro un congruo termine la causa d’incompatibilità contestata.

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