Un’assenza giustificata dal lavoro a chi parteciperà alle operazioni di voto della prossima tornata elettorale e referendaria. I dipendenti nominati presidente, segretario, scrutatore o rappresentante di lista presso seggi, infatti, hanno diritto ad assentarsi dal lavoro per il periodo corrispondente alla durata delle operazioni di voto e scrutinio. Quindi, le giornate di assenza sono considerate a tutti gli effetti «giorni di attività lavorativa». Quest’anno i seggi apriranno le porte per accogliere i voti per l’elezione delle amministrazioni in oltre 1.300 comuni e in undici province (domenica 15 e lunedì 16 maggio), per eventuali ballottaggi (domenica 29 e lunedì 30 maggio) e per quattro referendum (domenica 12 e lunedì 13 giugno). Praticamente andrà al voto tutta l’Italia con una sola eccezione, il Trentino-Alto Adige, in cui non sono indette elezioni amministrative. Il diritto ai permessi elettorali. Il diritto ai permessi elettorali è riconosciuto a tutti i lavoratori dipendenti che vengano nominati scrutatore, segretario, presidente, rappresentante di lista o di gruppo presso seggi elettorali, in occasione di qualsiasi tipo di consultazione, compresi i referendum e le elezioni europee. Il diritto si concreta nella possibilità di assentarsi dal lavoro per il periodo corrispondente alla durata delle operazioni elettorali (di voto e di scrutinio). Il diritto al permesso elettorale significa, in altre parole, che i giorni di assenza vengono considerati dalla legge, a tutti gli effetti, giornate di attività lavorativa: i giorni lavorativi passati al seggio sono, dunque, retribuiti come se il lavoratore avesse normalmente lavorato. I giorni festivi e quelli non lavorativi, invece (l’ipotesi ricorrente è la domenica, nonché il sabato per le imprese che applicano la settimana lavorativa cosiddetta corta), sono recuperati con una giornata di riposo compensativo; oppure possono essere compensati con quote giornaliere di retribuzione in aggiunta alla retribuzione normalmente percepita. Un eventuale rinuncia al riposo deve comunque essere validamente accettata dal lavoratore. In base ai principi in tema di riposo settimanale il riposo compensativo deve essere goduto con immediatezza, cioè subito dopo la fine delle operazioni svolte al seggio. In base alla sentenza della Corte di cassazione n. 11830 del 19 settembre 2001, anche se l’attività prestata per lo svolgimento delle operazioni elettorali copre una sola parte della giornata, l’assenza è legittima per tutto il giorno lavorativo che, quindi, deve essere retribuito interamente. Resta fermo che le assenze per permessi elettorali devono essere giustificate dal lavoratore al proprio datore di lavoro e ciò può avvenire mediante esibizione di idonea documentazione (la nomina, per esempio). La settimana corta. L’impresa che attua, ai fini lavorativi, la cosiddetta settimana corta ha un orario settimanale di lavoro articolato da lunedì a venerdì; sabato è una giornata non lavorativa e domenica è festivo. I giorni trascorsi al seggio dovranno essere considerati nel modo seguente: sabato e domenica = il lavoratore ha diritto a una giornata di riposo compensativo oppure a una aggiunta di retribuzione pari a una giornata (retribuzione mensile diviso 26 o lo specifico divisore previsto dal Ccnl per la determinazione della paga giornaliera); lunedì = il lavoratore ha diritto ad assentarsi dal lavoro e a percepire la piena retribuzione, come se avesse lavorato (vanno compresi, pertanto, anche eventuali indennità aggiuntive); martedì = se le operazioni di scrutinio si prolungano oltre le ore 24.00 del lunedì, il lavoratore ha diritto ad assentarsi dal lavoro anche per questa giornata e a percepire la piena retribuzione, come se avesse lavorato. Se le operazioni terminano entro le ore 24 del lunedì, il lavoratore fruirà dei riposi compensativi che gli spettano per le giornate di sabato e domenica nei giorni di martedì e mercoledì; ove, invece, le operazioni terminano nelle prime ore di martedì mattina, il lavoratore fruirà dei riposi compensativi nei giorni di mercoledì e giovedì. La settimana lunga. L’impresa che attua, ai fini lavorativi, la settimana lunga ha l’orario settimanale di lavoro articolato da lunedì a sabato; resta, dunque, soltanto la domenica come giornata festiva. I giorni trascorsi al seggio dovranno essere considerati nel modo seguente: sabato = il lavoratore ha diritto ad assentarsi dal lavoro e a percepire la piena retribuzione, come se avesse lavorato (vanno compresi, pertanto, anche eventuali indennità aggiuntive); domenica = il lavoratore ha diritto a una giornata di riposo compensativo oppure a una aggiunta di retribuzione pari a una giornata (retribuzione mensile diviso 26 o lo specifico divisore previsto dal Ccnl per la determinazione della paga giornaliera); lunedì = il lavoratore ha diritto ad assentarsi dal lavoro e a percepire la piena retribuzione, come se avesse lavorato; martedì = se le operazioni di scrutinio si prolungano oltre le ore 24.00 del lunedì, il lavoratore ha diritto ad assentarsi dal lavoro anche per questa giornata e a percepire la piena retribuzione, come se avesse lavorato. Se le operazioni terminano entro le ore 24 del lunedì, il lavoratore fruirà del riposo compensativo che gli spetta per la giornate di domenica il martedì; ove, invece, le operazioni terminano nelle prime ore di martedì mattina, il lavoratore fruirà del riposo compensativo il mercoledì. © Riproduzione riservata Nel pubblico più tutele che nel privato La necessità di assentarsi dal lavoro può presentarsi anche solamente per adempiere al diritto-dovere di esprimere il voto. Il caso ricorrente è quello dei lavoratori con residenza in un comune diverso (e lontano) da quello di esercizio dell’attività lavorativa. In materia, vigono diverse regole a seconda che si tratti di lavoratori del settore pubblico o privato. Lavoratori del settore privato. Non esistono norme di legge specifiche in merito ai lavoratori del settore privato che devono recarsi a votare in comuni diversi, anche a considerevole distanza, da quello in cui svolgono l’attività lavorativa. Tuttavia, è pacifico il diritto del lavoratore a chiedere e ottenere permessi non retribuiti per raggiungere il proprio comune di residenza con i mezzi di trasporto ordinari (treno, aereo, nave). Il lavoratore avrà cura, in tal caso, di presentare al proprio datore di lavoro la tessera elettorale, timbrata dalla sezione, che attesti l’avvenuto esercizio del diritto di voto. Lavoratori del settore pubblico. La concessione del permesso retribuito per recarsi a votare in comune diverso da quello della sede di servizio, ai sensi dell’articolo 118 del dpr n. 361/1957, è previsto soltanto nell’ipotesi in cui il lavoratore risulti trasferito di sede nell’approssimarsi delle elezioni. In tal caso, il lavoratore anche se ha provveduto nel prescritto termine di 20 giorni a chiedere il trasferimento di residenza, risulta che non ha ancora ottenuto l’iscrizione nelle liste elettorali della nuova sede di servizio. Se spetta, il permesso retribuito per l’esercizio del diritto di voto sarà di: un giorno per le distanze da 350 a 700 chilometri; due giorni per le distanze oltre i 700 chilometri o per spostamenti da e per le isole.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento