Uno spettro s’aggira per l’Italia – lo spettro del socialismo municipale. Tutte le potenze della Vecchia politica si sono alleate in una santa battuta di caccia contro le privatizzazioni. Se oggi Marx ed Engels dovessero riscrivere il Manifesto del partito comunista non perderebbero lo slancio evocativo che contraddistingueva l’incipit, ma i bersagli non sarebbero più «papa e zar, Metternich e Guizot, radicali francesi e poliziotti tedeschi» ma, magari, «sindaci e ministri, leghisti lombardi e progressisti pugliesi». Dopo la breve stagione delle privatizzazioni degli anni 90, infatti, la proprietà pubblica delle aziende cittadine è di fatto immutata ed esse rappresentano una fetta importante di Pil, danno lavoro a centinaia di migliaia di persone e possiedono un’enorme forza politica. Orbene, tra pochi giorni si tengono le elezioni per il rinnovo d’importanti amministrazioni cittadine, tra cui Milano, Napoli, Torino e Bologna e l’Adam Smith Society, associazione che propugna i valori del liberalismo e dell’economia di mercato, ha pensato di lanciare un Manifesto, non per liberare i proletari di tutto il mondo dalle loro catene ma, più prosaicamente, per sciogliere quelle del Comune di Milano sulle proprie società. Le elezioni locali sono invero un’occasione per opporre un no deciso alle volontà neodirigiste della politica nazionale, e per riportare al primo posto dell’agenda politica la restituzione al mercato delle attività economiche oggi ancora gestite dal pubblico. Le privatizzazioni sono la manifestazione concreta di una visione politica che vede nell’iniziativa privata e nella riduzione dell’ingerenza dello Stato lo stimolo per la crescita. Il resto sono parole. Con Franco Debenedetti ed Edoardo Croci abbiamo elaborato un percorso di privatizzazioni e liberalizzazioni per le società del Comune di Milano, percorso che, mutatis mutandis, può essere intrapreso da ciascuna città italiana e per il quale abbiamo già ricevuto numerose e molto qualificate adesioni. Perché è necessario privatizzare e contemporaneamente, laddove sussiste una situazione di monopolio od oligopolio, liberalizzare?
Il bilancio pubblico: l’Italia è oberata dal debito pubblico e ha un livello di spesa pubblica elevatissimo (metà del Pil) e un peso fiscale ormai insopportabile. Grazie al federalismo fiscale, certamente si passerà a uno spostamento dell’onere di finanziamento dei servizi pubblici verso la periferia. È perciò ingiustificabile che i Comuni, in perenne mancanza di fondi, continuino a essere proprietari di società di diritto privato a scopo di lucro. Efficienza: le nomine ai vertici delle società pubbliche sono ispirate anche da criteri di appartenenza politica a scapito della professionalità (il che non esclude in alcuni casi la presenza di eccellenti manager alla loro guida). Le esperienze empiriche ci confermano che, soprattutto quando la privatizzazione è accompagnata da provvedimenti di liberalizzazione dei settori interessati, la vendita delle aziende pubbliche genera efficienza e può far emergere la meritocrazia e la cultura delle regole anche nel nostro Paese.
Trasparenza: malauguratamente la proprietà esclusivamente pubblica può generare fenomeni corruttivi in quanto i gestori delle aziende rispondono ad azionisti molto distanti (l’elettorato) e sono sottratti alle logiche di mercato. Inoltre si crea una commistione d’interessi tra lo Stato (o l’ente pubblico) regolatore e lo Stato imprenditore. Controllati e controllori rispondono in ultima istanza allo stesso potere politico che li ha nominati.
Concorrenza: le imprese pubbliche, grazie alla garanzia implicita della proprietà statale, hanno un accesso al credito, bancario e commerciale, facilitato rispetto a quelle private, alterando così i principi della libera concorrenza. Ebbene, Milano è il Comune che detiene più partecipazioni in imprese (93) e di maggior valore (2,5 miliardi). È dunque opportuno cedere, secondo modalità diverse a seconda del settore, l’intera quota in mano al Comune procedendo secondo criteri competitivi e trasparenti ed evitando che le società cedute ricadano in mano ad altre imprese pubbliche, italiane o straniere che siano. Abbiamo perciò individuato alcune società che, operando in un contesto ove sono già presenti privati e un mercato sufficientemente concorrenziale, possono essere subito completamente privatizzate: Milano Ristorazione, Sogemi, Sea, Milano Sport, Autostrade Serravalle (quota comunale). Per A2A sarà necessario coinvolgere il Comune di Brescia nell’iniziativa privatizzatrice e mantenere il rapporto esistente con il territorio. Proponiamo inoltre la vendita delle società minori di carattere commerciale e l’alienazione del patrimonio immobiliare (escludendo quello storico o artistico). Per Metropolitana Milanese si potrà scorporare, ristrutturare e vendere l’attività di engineering, mentre per acqua e trasporti bisognerà prima intraprendere un intervento liberalizzatore e regolamentare per poi procedere al passaggio di mano.
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