La legge che le sblocca è di marzo, ma i sindaci devono aspettare giugno per poter ritoccare le addizionali Irpef, in attesa di un regolamento attuativo che probabilmente non verrà. Chi le ha già decise dovrà tornare in consiglio con una delibera fotocopia, gli altri avranno al massimo tre settimane di tempo per decidere i tributi e approvare il bilancio. Per conoscere questo calendario convulso, poi, si è dovuto attendere quasi un mese, con il risultato che molte amministrazioni hanno fatto di testa propria e ora devono tornare sui propri passi. Le riforme del Fisco sono macchine delicate, e la nuova querelle sulle addizionali è l’ennesimo sintomo del fatto che i decreti del federalismo non sono scritti con la freddezza da ufficio studi. Tra compartecipazioni all’Irpef che in una notte si trasformano in condivisioni dell’Iva, aliquote Imu che si alzano e si abbassano e finiscono per colpire le imprese, imposte provinciali sull’auto che si impennano a sorpresa, sono molti gli articoli dei decreti legislativi figli delle trattative politiche più che dell’analisi tecnica di meccanismi e tabelle. La politica, ovvio, è cruciale, ma anche la chiarezza del patto fra cittadini, amministratori e Stato ha le sue ragioni.
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