I limiti alle assunzioni imposti dal rispetto del Patto di stabilità non operano nei confronti dei familiari vittime della mafia e della criminalità organizzata. Pertanto, sempre nel rispetto delle quote imposte dalla legge n.68 del 1999, le amministrazioni locali possono assumere, anche in soprannumero, tale tipologia di personale. Lo ha chiarito l’ufficio legislativo della regione siciliana, nel testo del parere n.10507/2010, ma da poco reso noto sul sito internet istituzionale della regione guidata da Raffaele Lombardo, in risposta a un quesito posto da un’amministrazione comunale che, pur avendo la disponibilità del posto in pianta organica, si vedeva frenata nell’assunzione (che in Sicilia è regolata dalla legge regionale n.20/1999) per effetto di quanto previsto dall’articolo 76, comma 7 della manovra correttiva dei conti pubblici del 2008. Norma, quest’ultima, che prevede il divieto di ricorrere ad assunzioni di personale «a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale», se l’incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 50% del totale delle spese correnti. L’ufficio legislativo regionale, nel richiamare le disposizioni della legge regionale n.20/1999, ove si prescrive che la stessa amministrazione regionale e gli enti locali, possono assumere nei propri ruoli, anche in soprannumero, familiari di vittime della mafia per «chiamata diretta», ha rilevato che tale norma ha carattere eccezionale, attribuendo a tale personale, in deroga alla normativa vigente in materia di assunzioni nella p.a., il diritto all’assunzione dietro presentazione di apposita istanza. L’unico presupposto da seguire, come prescrive la citata norma regionale, è che gli interessati dimostrino il loro status di disoccupazione. Si tratta, adesso, di verificare se tale carattere di eccezionalità soggiace o meno al divieto imposto dal legislatore nazionale nel testo del citato decreto legge n.78/2010. Sul punto, il parere in esame rileva come già nell’ottobre 2008, la Conferenza delle regioni statuiva che l’assunzione di soggetti appartenenti alle categorie protette, ovviamente sempre nella misura della quota d’obbligo, non può essere derogata dall’ordinamento generale, anche perché il mancato rispetto delle disposizioni ex legge n.68/1999, conduce a sanzioni amministrative, penali e disciplinari.
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