Con documenti del maggio 2010 e del marzo 2011, intitolati «Costituzione di holding» e «Holding degli enti locali, attività finanziaria e modelli di governance», il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ha affrontato il tema della holding degli enti pubblici territoriali, sotto il duplice profilo giuridico e pratico. Per un verso, viene valutato l’ambito entro il quale l’ente può costituire e/o mantenere partecipazioni in una holding; la disciplina applicabile all’attività di direzione e coordinamento; le possibilità offerte dai diversi modelli di governance delle spa. Sotto tale profilo, si ritiene che la holding, con oggetto sociale circoscritto alla detenzione e gestione delle partecipazioni degli enti pubblici soci, sia compatibile con l’articolo 13 del decreto Bersani (Dl 223/2006) – che vieta alle società strumentali di amministrazioni pubbliche di partecipare a società o enti – posto che la norma non si applica alle società pubbliche che svolgono attività di intermediazione finanziaria prevista dal Tub (Dlgs 385/93), nella quale rientra quella di «assunzione di partecipazioni», ex articolo 106 vigente all’entrata in vigore del decreto Bersani. Neppure osta l’articolo 3, comma 27, della legge 244/2007 (finanziaria 2008) che preclude alle amministrazioni pubbliche di partecipare a società «non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali»; il Cndcec segnala infatti che le holding di enti locali sono «strumentali» al perseguimento delle finalità dell’ente, in quanto strumenti di governance funzionali alla corretta azione dell’ente attraverso le relative partecipate. Influente è, invece, l’articolo 14, comma 32, del Dl 78/2010, che – fuori dell’ambito dei servizi pubblici locali – vieta ai comuni tra 30mila e 50mila abitanti di detenere più di una partecipazione societaria e a quelli fino a 30mila abitanti di possedere partecipazioni societarie, salvo che questi ultimi si associno tra loro per superare la soglia (nel qual caso è loro consentito di costituire una società a partecipazione paritaria o proporzionale al numero di abitanti). Tale norma costituisce uno stimolo per i comuni fino a 30mila abitanti a conferire tutte le azioni o quote in una holding partecipata con altri comuni, per superare, nel totale, la soglia dei 30mila abitanti; così come, per i comuni tra 30mila e 50mila abitanti, a costituire una holding alla quale conferire le partecipazioni. Il Cndcec, poi, indica i vantaggi che la holding può assicurare all’ente pubblico in termini di gestione efficiente delle partecipazioni societarie e di riduzione di costi. Il modello holding, infatti, consente l’accentramento della gestione contabile e finanziaria, dei processi di controllo e amministrazione, degli uffici legali, appalti e forniture, nonché la riduzione degli amministratori e l’accesso al consolidato fiscale. La governance della holding può realizzare la direzione preclusa agli enti soci dai tempi d’esercizio di funzioni pubblicistiche, incompatibili con la necessità di decisioni tempestive; può porsi come referente politico, economico e finanziario per gli amministratori delle partecipate; può porsi come confluenza delle informazioni delle partecipate, per la razionale assunzione delle scelte in base a indirizzi e autorizzazioni degli enti soci. Il tutto, a patto che gli enti soci elaborino un apposito regolamento per il controllo delle partecipate che preveda che l’organo consiliare dell’ente esprima il proprio indirizzo al sindaco (o al presidente della Provincia) in vista della partecipazione alle assemblee più significative della holding (relative ad esempio all’approvazione del budget e delle relative modifiche, alle operazioni di investimento e di finanziamento non previste nel programma annuale).
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