MILANO – Se riuscisse a incamerare d’un colpo tutte le entrate che, messe a bilancio negli anni scorsi, si sono perse per strada prima di arrivare in cassa, il Comune di Napoli sarebbe inondato da un mare di risorse: quasi 3,5 miliardi, un terzo dei quali sono state accertate prima del 2005, ma a Palazzo San Giacomo non si sono mai viste. L’inefficienza della riscossione è un problema storico del Comune, e sopravviverà anche al passaggio della Giunta Iervolino. Passando al setaccio le tabelle del consuntivo 2010, arrivati ai «residui» (cioè le entrate non riscosse e le uscite non pagate) i revisori dei conti hanno fermato il “visto” (tecnicamente, hanno espresso «eccezione e riserva di giudizio»): «Nonostante i reiterati inviti – hanno scritto nella relazione depositata la scorsa settimana – dobbiamo constatare l’inesistenza di meccanismi correttivi». La montagna degli arretrati, che si riflette anche nella colonna dei pagamenti, non è però l’unico punto critico del bilancio su cui i revisori hanno stoppato il timbro: la stessa «riserva di giudizio», per esempio, torna nel capitolo dedicato alla spesa di personale: tra 2007 e 2010 i dipendenti diretti del Comune sono scesi di quasi un sesto, attestandosi a quota 10.557, ma il costo per ogni dipendente è volato a 41.367 euro all’anno, un livello lontano dalla media dei Comuni e soprattutto 4.500 euro più in alto rispetto a quello registrato appena tre anni prima. Con queste performance, gestire i servizi pubblici ai cittadini diventa difficile. Lo dimostra la quota dei costi che Palazzo San Giacomo riesce a coprire con le entrate proprie: il 22,3%, la metà di quella registrata a Milano. Il resto arriva dai trasferimenti statali, destinati con il federalismo fiscale a cedere il passo ai tributi devoluti: un problema in più, su un equilibrio che già oggi è pericolante.
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