La segnalazione certificata di inizio attività (Scia) si applica anche all’edilizia e sostituisce la denuncia d’inizio attività (Dia): il decreto sviluppo (Dl 70/2011) ribadisce la nota del ministero della Semplificazione (16 settembre 2010), precisando alcuni effetti e modalità procedurali di questo strumento, che è stato introdotto dalla legge 122/2010 e finora ha incontrato più di un ostacolo sul proprio cammino. Il chiarimento, peraltro, non è inserito direttamente nel testo unico dell’edilizia, ma nella legge 241/1990. La Scia si caratterizza come uno dei nuovi gradini nella scala delle procedure edilizie, che prevede al “piano terra” le opere che non richiedono alcuna comunicazione all’amministrazione, poi via via quelle che necessitano di una semplice comunicazione al Comune, quelle in cui alla stessa comunicazione deve essere allegata una relazione tecnica e gli elaborati che asseverano la conformità dell’intervento agli strumenti urbanistici, la Scia stessa, la Dia con o senza pagamento del contributo di costruzione, e infine il permesso di costruire. Quando si applica. Il campo d’azione della Scia sono le opere di recupero più importanti, cioè quelle di restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, più quelle di manutenzione straordinaria “pesante” (parti strutturali dell’edificio, incremento del numero delle unità immobiliari, variazione dei parametri urbanistici). Restano escluse nuove costruzioni e ampliamenti, che sono oggetto della cosiddetta Super-Dia o del permesso di costruire, fatta eccezione per l’edificazione di volumi tecnici (casotto caldaia e ascensore, bagni esterni) i parcheggi ai sensi della legge Tognoli, le demolizioni e ricostruzioni con la stessa volumetria e sagoma. Gli allegati. Dal punto di vista formale non è facilissimo distinguere la Scia dalla comunicazione di inizio attività con relazione asseverata. Entrambe infatti, prevedono l’invio di una autodichiarazione al Comune su un apposito modulo, presentata da un professionista abilitato, anche per raccomandata. Tra gli allegati devono esserci i necessari elaborati progettuali. In entrambi i casi i lavori possono iniziare il giorno stesso di deposito in Comune della segnalazione. A differenza della Dia, inoltre, l’iter della Scia non prevede espressamente il rilascio di certificato di collaudo finale, che attesti che quanto eseguito è conforme al progetto presentato, corredato della ricevuta della eventuale variazione catastale o della dichiarazione che essa non era necessaria. Poiché però i lavori per cui è prevista la Scia sono più “importanti” di quelli in cui è coinvolta la comunicazione, è prevedibile che Regioni e/o Comuni impongano l’invio di documentazione più dettagliata. Le irregolarità. In caso di Scia, l’amministrazione ha tempo solo 30 giorni dalla presentazione per emettere provvedimenti di «divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa». Deve comunque dare al cittadino almeno 30 giorni di tempo per conformare l’intervento alla normativa vigente. Il termine di 30 giorni non si applica in caso di dichiarazioni false o mendaci rese dal cittadino o dal tecnico incaricato, oppure in caso di danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale. Va comunque motivato che tale danno non può essere altrimenti risolto dal cittadino conformando a certe regole la propria attività. Fin qui la legge che, a prima vista, parrebbe di fatto permettere anche opere edilizie non conformi agli strumenti urbanistici, qualora l’amministrazione non impugni la Scia entro 30 giorni. Nei fatti, però, così non è, perché il tecnico assevera l’intervento agli strumenti urbanistici vigenti: pertanto se l’intervento viola le regole, la Scia è, appunto, «falsa e mendace». Infine, il Governo ha chiarito che Scia è applicabile anche per gli immobili con vincoli storici, culturali e paesaggistici, purché corredata alla presentazione dei relativi assensi.
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