ROMA – Potrebbe partire davvero con il trasferimento di alcuni dipartimenti della presidenza del Consiglio guidati da ministri senza portafoglio il progetto di «capitale reticolare» tanto caro alla Lega di Umberto Bossi? L’idea per il momento circola a palazzo Chigi nella forma di un appunto su cui sono stati richiesti alcuni pareri tecnici e amministrativi dopo il «via libera» politico assicurato al Senatur da Silvio Berlusconi. Il sentiero con cui si aprirebbe il cammino verso le famose «vicecapitali», tra cui Milano, ipotizzate da Bossi fin dai tempi della riforma del titolo V della Costituzione (ma il copyright di «capitale reticolare» è della Fondazione Agnelli e risale al 1993) prevede il trasferimento dei ministeri delle Riforme e della Semplificazione normativa nel capoluogo lombardo e quello della Pari opportunità a Salerno, città della ministra Mara Carfagna. Nel loro insieme i tre ministri gestiscono un budget che sfiora gli 11 milioni di euro (2,6 milioni quello di Roberto Calderoli; 8-900mila euro quello di Umberto Bossi; 8,2 milioni quello della Carfagna) e che pesano molto poco sul bilancio complessivo della presidenza del Consiglio. Con i suoi 19 dipartimenti più la segreteria generale l’anno sorso la presidenza ha infatti amministrato risorse per 4,6 miliardi (di cui il 63% in capo alla Protezione civile). Attualmente i tre ministeri in questione occupano circa 150 addetti, tra dipendenti, funzionali e dirigenti, di cui 99 inquadrati nei dipartimenti, vale a dire nell’organico dell’amministrazione centrale e il resto assunti in diretta collaborazione. Difficile im-maginare l’impatto del trasloco sul bilancio di palazzo Chigi. C’è chi ipotizza che la trasferta riguarderebbe solo le dirette collaborazioni, strutture più flessibili e che già in larga parte sono occupate da personale che non risiede nella capitale. Ma non manca anche chi indica nei 99 dipendenti dei dipartimenti centrali i veri destinatari del decentramento. Ipotesi, quest’ultima, che implicherebbe poi l’attivazione di un struttura di missione a Roma per consentire ai capi dei dipartimenti e ai responsabili degli uffici legislativi di raggiungere la capitale per seguire il pre-consiglio dei ministri (tutte le settimane) o i lavori parlamentari (con calendarizzazione molto variabile). Immaginando una trasferta di almeno tre persone e un direttore generale per ogni ministero si potrebbe immaginare un costo per missione di 10-15mila euro alla settimana. Per fare una valutazione sul diverso costo di funzionamento complessivo delle sedi decentrate (il budget comprende il costo del personale e quello sostenuto per le politiche attive) bisognerebbe poi sapere se le nuove sedi saranno di proprietà dello Stato o invece di privati prese in affitto. E nell’eventuale variazione di bilancio bisognerebbe anche aggiungere l’onere dei contratti d’affitto già in corso (per esempio quello per la sede del ministero per la Semplificazione, in piazza San Lorenzo in Lucina a Roma) che non potranno essere disdettati improvvisamente senza costi extra. Sull’operazione trasferimento pesa poi un’altra incognita: si può fare con un provvedimento amministrativo, come un decreto del presidente del Consiglio, o serve invece una norma primaria? Quel che è certo, per il momento, che anche dopo il decentramento i ministeri non potranno godere subito di un bilancio autonomo. Per uscire dal budget della presidenza serve infatti una legge ad hoc.
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