ROMA – Doveva essere una delle principali frecce all’arco del Governo per dare una scossa all’economia. Ma il piano per il Sud stenta a decollare e ogni giorno perso aggrava le difficoltà italiane nella capacità di spesa dei fondi europei, con 7 miliardi che a fine anno rischiano di tornare a Bruxelles. Lo scenario che si sta materializzando per il Mezzogiorno non è dei più incoraggianti. E di fronte alla platea degli imprenditori la presidente di Confindustria non si limita al fioretto: «Purtroppo, nulla sta avvenendo». Emma Marcegaglia ricorda che il piano presentato dal ministro per i Rapporti con le Regioni, Raffaele Fitto, «prevede di rimodulare i fondi concentrandoli su alcune grandi aree di intervento». Ma l’approvazione da parte del Cipe dei programmi regionali per oltre 15 miliardi di euro non è mai arrivata. Così restano ancora sulla carta i contratti istituzionali di sviluppo, il nuovo strumento che assorbendo parte di queste risorse dovrebbe segnare il cambio di governance attraverso un cronoprogramma rigido e sanzioni in caso di sforamento. I primi contratti erano attesi già per fine marzo, ma le intese con le Regioni sono un affare complicato e i tempi si sono progressivamente allungati. Due giorni fa l’incontro tra Fitto e il presidente siciliano Raffaele Lombardo che, a detta di quest’ultimo, ha rappresentato un passo avanti, anche se non si parla ancora di intesa definitiva. Nella sua relazione, Marcegaglia indica tra i principali problemi proprio «la resistenza delle Regioni». Ci sono – prosegue – «una carenza progettuale e tempi troppo lunghi di realizzazione; manca la capacità della pubblica amministrazione di seguire con efficacia il processo della programmazione; c’è infine il vincolo costituito dal patto di stabilità interno che considera anche il cofinanziamento statale tra le spese da conteggiare». «Non possiamo restare inermi davanti a questa follia» incalza. In pratica sono le stesse osservazioni mosse dal commissario europeo alle Politiche regionali, Johannes Hahn, in una lettera inviata a Fitto e al ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, e degli Esteri, Franco Frattini (si veda Il Sole 24 Ore del 24 maggio). Il Governo, ha replicato Fitto al commissario Ue, non è rimasto passivo su questi temi e si è mosso per tempo fissando le linee guida per una politica di coesione più efficace nella qualità della spesa. Ma i numeri, per ora, restano disarmanti. Le risorse disponibili per il 2007-2013 ammontano a 43,6 miliardi. Al 28 febbraio 2011, secondo il resoconto periodico della Ragioneria generale dello Stato, ne erano stati spesi solo il 9,8% ovvero 4,3 miliardi tra Fse, Fesr e cofinanziamento nazionale. Nell’anno in corso, con questo ritmo, si rischia di perdere 7 miliardi di euro di fondi comunitari. Un’enormità per Regioni che i principali indicatori economici riportano ancora in grave ritardo. Si tratta di un’arretratezza – osserva la presidente di Confindustria – che continua a scontare la presenza della criminalità organizzata, una cattiva ordinaria amministrazione e l’invadenza della politica che ha presidiato la pubblica amministrazione «affermando pratiche clientelari». Anche ad interrompere questa spirale servirebbe una spesa più rapida ed efficiente dei fondi pubblici.
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