MILANO – Nei confronti internazionali sulle imposte l’Italia non è in una posizione molto favorevole né per quanto riguarda il carico fiscale propriamente detto (considerato nelle sue varie componenti) e neanche sotto il profilo della semplicità del sistema che viene sempre più frequentemente preso come parametro di riferimento nelle statistiche internazionali. Nel rapporto Paying Taxes 2011 ? The global picture di PwC l’Italia è posta all’ultimo posto nel confronto del “total tax rate” calcolato per 23 Paesi dell’Unione Europea: il prelievo tricolore supera il 68 per cento, rispetto a una media europea del 44,2 e quella mondiale del 47,8. Il dato è riferito al prelievo sulle imprese comprendendo tutte le tasse pagate da queste comparando il dato con l’utile prima delle imposte. In questa classifica la Francia segue di poco l’Italia (65,8) seguita dal Belgio al 57. La Germania si colloca a un livello del 48,2 e il Regno Unito al 37,3. Se si considera solo il prelievo sui profitti la situazione tedesca sarebbe più pesante di quella italiana, ma il risultato si inverte in modo sensibile se si considera il costo fiscale del lavoro. Del resto nel Taxation trends in the European Union di Eurostat 2010 si segnala come l’indice Itr (implicit tax rate) sul lavoro (42,8 per cento) più alto in Europa si registra in Italia. La media europea è invece del 34,2%. Tra i Paesi con valori elevati si segnalano anche Belgio (42,6%), Ungheria (42,4%) e Svezia (42,1%). Lo stesso parametro applicato ai consumi vede l’Italia al terzo posto tra quelli più bassi, al seguito di Spagna e Grecia. In questo caso i valori sono infatti rispettivamente del 14,1, del 15,1% e (Italia) 16,4 per cento. Per quanto riguarda il capitale l’Italia, pur non essendo compresa nel gruppo di testa, si pone al 35,3 per cento un dato che si pone al di sopra di quello comunitario dove la media è del 26,1 (se si prende il perimetro dell’Europa a 27). Sempre Eurostat segnala anche le ampie differenze di aliquote praticate all’interno della Ue. Per esempio le più alte (dati sempre riferiti al 2008) si riscontrano in Danimarca (48,2%), Svezia (47,1%) e Belgio (44,3%). Sopra il 40% ci si situa anche in Paesi come Austria, Italia e Francia (42,8%). In Germania ci si ferma leggermente al di sotto della soglia dei 40 con un’aliquota del 39,3%. Rispondendo alla domanda “Quali paesi hanno il carico fiscale più alto?” l’Oecd Revenue Statistics 2010 segnala la Danimarca e la Svezia con percentuali del 48,2 e del 46,4 per cento. Ma aggiunge: anche Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Italia e Norvegia hanno un carico fiscale che supera il 40 per cento. Anche qui la musica non cambia. Nello studio di PwC il nostro Paese non si colloca in una posizione favorevole neanche per quanto riguarda i tempi per gli adempimenti fiscali. Nello studio, per quanto riguarda l’Europa, l’Italia è collocata al sestultimo posto, con 214 ore per calcolare le tasse sul lavoro e i contributi sociali su un totale di 285. I tempi per calcolare le imposte societarie “sarebbero” in linea con gli altri Paesi europei. Cosa però sulla quale probabilmente molte imprese avrebbero qualcosa da ridire.
IN EUROPA
Troppo tempo per il fisco
Nel calcolo delle ore necessarie per calcolare le imposte dovute, secondo i calcoli di uno studio di PwC, l’Italia si pone a uno degli ultimi posti in Europa con 285 ore necessarie contro una media europea di 222 ore. Anche se in questo il Vecchio continente si rivela un’isola felice, visto che la media mondiale è di 282 ore. Di gran lunga peggiori la Repubblica Ceca (557 ore) e la Bulgaria (616).
Onere fiscale
L’onere fiscale in Italia si pone a livelli troppo alti per quanto riguarda il lavoro e basso per quanto riguarda il consumo. In pratica nel primo caso l’Italia registra una percentuale del 42,8% seguita da Belgio (42,6%), Ungheria (42,4%) e Svezia (42,1%). Per quanto riguarda il consumo l’Italia è invece al terzo posto con i livelli più bassi dopo Spagna e Grecia.
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