ROMA – Due anni fa, quando l’economia italiana s’è inabissata fino a perdere 4,9 punti di prodotto interno, la spesa pensionistica totale è cresciuta del 5,1%, passando dai 241,1 miliardi del 2008 a 253,4 miliardi, fino a far segnare un valore corrispondente al 16,68% del Pil, con un incremento dell’1,3% sull’anno precedente. Un salto che è per lo più frutto dell’aumento dell’importo medio degli assegni, mentre il numero di nuove pensioni pagate rispetto al 2008 è rimasto quasi invariato (+0,1%) per effetto dei nuovi requisiti introdotti dalla riforma Damiano. I nuovi dati sull’andamento della spesa pensionistica sono stati diffusi ieri dall’Istat dopo le consuete rilevazioni annuali effettuate a partire dal Casellario centrale dei pensionati Inps, che raccoglie le informazioni su tutte le pensioni pagate dai diversi istituti previdenziali pubblici e privati. Nel 2009, confermano Istat e Inps, sono state pagate 23,8 milioni di prestazioni, per un importo medio annuo di 10.634 euro, mentre il numero dei pensionati è lievemente calato (-0,27%) a quota 16,7 milioni. I dati fotografano incrementi minimali sulle grandi tipologie delle pensioni (sono sette ma oltre il 90% del totale è costituito da assegni di invalidità, vecchiaia e superstiti) e il valore degli assegni. Su 16,7 milioni di pensionati infatti ce ne sono oltre 7,7 milioni (il 46,5% del totale) che vive con redditi da pensione inferiori a 1.000 euro. Oltre 2,4 milioni contano su meno di 500 euro (prevalentemente donne) mentre 5,3 milioni (3,4 milioni dei quali donne) hanno redditi da pensione tra i 500 e i 1.000 euro. La sperequazione si dilata nel confronto tra sessi (le donne con la pensione minima sono circa 1,5 milioni mentre gli uomini si fermano a un milione e 187mila) e se si guarda alla distribuzione geografica, con assegni medi nelle regioni settentrionali e centrali assai superiori alla media nazionale (rispettivamente 105,9 e 104,7% rispetto al Sud che si ferma all’87,9%). Tra Nord e Sud confermata anche la netta distanza nel rapporto tra pensionati e attivi: 81 su 100 contro una media nazionale di 71 e di 66 al Nord. I nuovi dati «non aggiungono niente di nuovo» perché «se il Pil non cresce adeguatamente l’incidenza della spesa pensionistica si fa più significativa e le voci assistenziali finiscono per essere maggiormente sollecitate» ha sottolineato la Cisl che, pure, rileva la necessità di una redistribuzione dei redditi dei pensionati. Mentre per la Cgil se la spesa previdenziale è «sostanzialmente sotto controllo» resta aperto il grande problema dell’inadeguatezza degli assegni. Una proposta arriva infine da Codacons: «la social card, che nelle promesse del Governo avrebbe dovuto riguardare 1,3 milioni di persone e che invece è stata concessa solo a metà della platea preventivata, sia data a tutti i pensionati che ricevono meno di 500 euro al mese, sempre che non ci siano altri redditi familiari».
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