In consiglio si va nel tempo libero

Gli enti sotto i 1.000 abitanti sopravvivono. Ma dovranno esercitare le funzioni in forma associata

Italia Oggi
8 Settembre 2011
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Nei comuni con meno di 15.000 abitanti, le sedute di giunta, consiglio e lo svolgimento di commissioni non saranno più previste obbligatoriamente nelle ore serali, ma preferibilmente in orario che non coincida con l’attività lavorativa dei rispettivi componenti. Dal prossimo rinnovo dei consigli comunali, negli enti con meno di 1.000 abitanti, la forma di governo della comunità locale è prevista da solo sei consiglieri, oltre al sindaco. Negli enti da 1.000 a 3.000 abitanti, invece, oltre al sindaco e sei consiglieri è previsto un numero massimo di due assessori. Numeri che passano a sette consiglieri e tre assessori, negli enti da 3.000 a 5.000 abitanti, mentre da 5.000 a 10.000 abitanti, gli enti saranno governati da un sindaco, dieci consiglieri e quattro assessori. Infine, scampano la soppressione gli enti con meno di mille abitanti, i quali, però dovranno obbligatoriamente esercitare, in forma associata, tutte le funzioni amministrative e i servizi pubblici loro spettanti. Alle neo unioni, pertanto, saranno trasferite tutte le risorse umane e strumentali relative alle funzioni ed ai servizi loro affidati, nonché i relativi rapporti finanziari risultanti dal bilancio. Queste alcune delle disposizioni contenute nel testo del maxiemendamento che il governo ha presentato in senato alla manovra di Ferragosto (dl 138/2011). Entriamo nel dettaglio delle previsioni che riguardano molti enti locali. Consigli e giunte dopo il lavoro. È durata pochi giorni l’originaria previsione formulata nel testo del relatore in commissione bilancio che prevedeva, nei comuni con meno di 15.000 abitanti, che lo svolgimento delle sedute di consiglio comunale, giunta e delle commissioni consiliari dovessero svolgersi nelle ore serali (si veda ItaliaOggi del 3/9/2011). Con un emendamento posto dai senatori della Lega Nord, Massimo Garavaglia e Gianvittore Vaccari, approvato dalla commissione bilancio al termine della seduta-fiume di domenica scorsa e ripreso dal governo nel maxi-emendamento, adesso le sedute dovranno «preferibilmente» svolgersi in un arco temporale non coincidente con l’orario di lavoro dei partecipanti. Trova fondamento, pertanto, l’ipotesi formulata da ItaliaOggi che la ratio di tale disposizione si fondasse nella previsione di non far cadere la produttività per quei datori di lavoro, pubblici e privati, che abbiano alle loro dipendenze lavoratori che espletano il mandato elettivo. Quello che emerge dalla nuova formulazione, però, è l’uso dell’avverbio «preferibilmente». Quindi, a rigor di logica, non vi è l’obbligo di convocare le sedute in orari incompatibili con l’attività lavorativa degli amministratori, senza dimenticare che, stante le diverse professioni (lavoratori dipendenti o autonomi) rappresentate all’interno dei consigli comunali o delle giunte, trovare un orario che possa soddisfare tutti i suoi componenti è, a prima vista, molto difficile. Non è stata invece modificata la disposizione contenuta nel testo uscito dalla commissione bilancio, che prevede il permesso retribuito per i consiglieri che siano dipendenti di assentarsi per la sola durata della seduta e per il tempo strettamente necessario per raggiungere il luogo di svolgimento. Cessa, pertanto, dall’entrata in vigore della legge di conversione del dl n.138/2011, la concessione del permesso retribuito per l’intera giornata di svolgimento del consiglio comunale e la previsione di un ulteriore giorno di assenza dal lavoro (retribuito) qualora la seduta di consiglio dovesse protrarsi oltre la mezzanotte. Consigli a dieta. L’articolo 16 del maxi-emendamento rinnova altresì le disposizioni in materia di numero di amministratori, nell’ottica di un deciso contenimento dei costi della politica a carico della collettività amministrata. Si prevede che a decorrere dal primo rinnovo di ciascun consiglio comunale successivo alla data di entrata in vigore della manovra di ferragosto, per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti, il consiglio comunale è composto, oltre che dal sindaco, da sei consiglieri. Nei comuni con popolazione superiore a 1.000 e fino a 3.000 abitanti, invece, il consiglio comunale sarà composto, oltre che dal sindaco, da sei consiglieri ed il numero massimo degli assessori è stabilito in due. Negli enti locali tra 3.000 e 5.000 abitanti, il consiglio comunale è composto, oltre che dal sindaco, da sette consiglieri ed un numero massimo di tre assessori. Infine, nei comuni tra 5.000 e fino a 10.000 abitanti, il consiglio comunale sarà composto, oltre che dal sindaco, da dieci consiglieri ed un numero massimo di quattro assessori. Piccoli comuni, uniti si risparmia. Sempre nell’ottica di contenere i costi, l’articolo 16 prevede, salvandoli dall’originaria soppressione, che i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti avranno l’obbligo di esercitare in forma associata tutte le funzioni amministrative e tutti i servizi pubblici loro spettanti, mediante un’unione di comuni la cui popolazione residente, di norma, sia superiore a 5.000 abitanti. Detto limite scende a 3.000 se i comuni che ne faranno parte appartengono o siano appartenuti a comunità montane. A detta unione, la norma prevede la facoltà di aderire anche da parte di comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti. Da queste disposizioni, ne restano escluse le isole minori e l’enclave di Campione d’Italia. Tra i compiti che dovrà svolgere l’unione, quella della programmazione economico-finanziaria e la gestione contabile. I comuni che ne fanno parte, concorrono alla predisposizione del bilancio di previsione dell’unione per l’anno successivo mediante la deliberazione di consiglio, da adottarsi entro il 30 novembre, di un documento programmatico, nell’ambito del piano generale di indirizzo deliberato dall’unione entro il precedente 15 ottobre. L’unione, poi, succede a tutti gli effetti nei rapporti giuridici in essere che siano inerenti alle funzioni ed ai servizi ad essa affidati. Per le predette attività, la norma prevede anche il trasferimento di tutte le risorse umane e strumentali. Inoltre, dal 2014, le unioni dei mini enti saranno soggette al patto di stabilità interno per gli enti locali, nella formulazione prevista «per i comuni aventi corrispondente popolazione». Gli organi dell’unione saranno il consiglio, il presidente e la giunta. Il consiglio sarà composto da tutti i sindaci membri dei comuni costituenti e, in prima battuta, da due consiglieri comunali per ogni comune che ne fa parte, con l’obbligo che uno dei due appartenga alle opposizioni. Inoltre, fino all’elezione del presidente dell’unione (il cui mandato dura due anni e mezzo ed è rinnovabile), il sindaco del comune che ha il maggior numero di abitanti tra quelli che sono membri dell’unione, esercita tutte le funzioni di competenza dell’unione. Infine, la giunta, composta dal presidente e dagli assessori, nominati dallo stesso fra i sindaci componenti il consiglio e che non dovranno essere più di quelli previsti per i comuni aventi corrispondente popolazione. Spese di rappresentanza più trasparenti. Saranno più trasparenti le spese di rappresentanza sostenute dagli organi di governo degli enti locali. Scatta, infatti, l’obbligo di elencarle, per ciascun anno, in un apposito prospetto allegato al rendiconto di gestione. Il predetto prospetto, poi, dovrà essere trasmesso alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti ed è pubblicato, entro dieci giorni dall’approvazione del rendiconto, sul sito internet dell’ente locale. Sarà un provvedimento interministeriale Interno-Economia, che sarà emanato entro novanta giorni dalla conversione in legge del dl n.138/2011, ad adottare uno schema tipo del prospetto relativo alle spese di rappresentanza.

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