I 17 mini-Comuni della Provincia di Bolzano dovrebbero fondersi in una, massimo due, Unioni di municipi. I 47 del Friuli-Venezia Giulia si dovrebbero aggregare in sette alleanze, e lo stesso dovrebbe accadere in Veneto. È solo uno degli effetti, declinati in un condizionale d’obbligo viste le difficoltà attuative e il clima di scontro subito divampato nei municipi, che dovrebbero essere prodotti dalla riscrittura integrale dell’amministrazione locale contenuta nella manovra-bis. Una manovra che, quando parla di Pubblica amministrazione territoriale, concentra le proprie attenzioni in particolare sui Comuni con meno di 10mila abitanti, chiedendo una razionalizzazione che nel Nord-Est dovrebbe far tramontare con le prossime elezioni amministrative 4.238 posti nei Consigli e nelle Giunte comunali. Un vortice di tagli che in Trentino-Alto Adige salva quasi solo i capoluoghi, in Friuli-Venezia Giulia colpisce il 90% degli enti e in Veneto “si accontenta” solo del 77,5 per cento. L’alleggerimento della politica, però, è solo un aspetto in un ventaglio di misure che richiamano la parola d’ordine della «razionalizzazione» degli enti locali, e che si esercitano in maniera diversa a seconda della dimensione demografica dei Comuni coinvolti. La previsione più tranchant è quella riservata ai municipi con meno di mille abitanti, che da agosto del 2012 vedranno progressivamente sparire le Giunte, ridursi il peso e i poteri dei Consigli e confluire in nuove Unioni municipali tutte le attività e i servizi pubblici locali. L’Unione, secondo le previsioni della manovra, dovrà abbracciare almeno 5mila amministrati, soglia che scende a 3mila nelle aree di montagna, in un reticolo di alleanze che in molte aree sarà chiamato a legare fra loro Comuni anche distanti, per raggiungere le soglie minime di popolazione. Questo, almeno, è quello che dovrebbe accadere in teoria, anche se è facile prevedere più di un ostacolo sulla strada dell’attuazione pratica. Non solo per le distanze geografiche fra i piccoli enti che dovrebbero essere “risucchiati” dall’Unione, problema che può essere attenuato se la Regione individua entro 60 giorni dall’entrata in vigore della manovra bis un limite demografico diverso, ma anche per il meccanismo previsto dalla norma: nei prossimi mesi tutti i piccoli Comuni di ogni territorio dovrebbero accordarsi sul disegno delle alleanze, in modo che da metà agosto 2012 le Unioni siano in grado di partire: quando il primo dei Comuni interessati arriva al termine del mandato amministrativo, anche le Giunte degli altri membri dell’Unione dovrebbero decadere di diritto e i Consigli si vedrebbero spogliare delle vecchie competenze per limitarsi a «poteri d’indirizzo» nei confronti dell’Unione. In un meccanismo come questo, i ricorsi sono assicurati. La manovra non si dimentica poi dei Comuni che contano da mille a 5mila residenti. Per loro la partita si gioca sulle «funzioni fondamentali», dall’amministrazione generale alla polizia locale, dall’istruzione alla viabilità, che da fine 2012 dovrebbero essere gestite in forma associata all’interno di alleanze di almeno 10mila abitanti. Anche in questo caso, la misura si accompagna a un alleggerimento degli organi politici, che riduce il numero di posti in Giunta e soprattutto nei Consigli comunali (i dettagli sono indicati nelle tabelle in pagina), mentre chi amministra più di 5mila persone ma non arriva fino a quota 10mila si vede ridurre solo i consiglieri comunali. In quest’ultimo caso, non scatta il gioco delle alleanze obbligatorie previsto per gli altri enti. Anche senza entrare nei dettagli, appare chiaro il rischio di vedere il meccanismo incepparsi nel braccio di ferro fra i diversi enti. Al di là del ricorso costituzionale già annunciato dall’associazione dei Comuni, tutta da giocare è anche la partita nelle Regioni a Statuto speciale: la manovra-bis prevede di applicare la cura anche a loro, «nel rispetto degli Statuti», ma è da vedere come questa previsione possa tradursi in pratica superando gli (efficacissimi) strumenti di interdizione dei territori autonomi.
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