L’adozione del disegno di legge costituzionale sulla soppressione delle Province (a eccezione delle Province autonome di Trento e Bolzano) e la loro sostituzione con forme associative fra Comuni per l’esercizio di funzioni di governo di area vasta, da istituirsi con legge regionale previa intesa con il Consiglio delle autonomie locali, lascia aperte alcune perplessità di natura costituzionale. In verità, anche le leggi di revisione della Costituzione devono rispettare alcuni limiti. Tra questi principi è quello espresso dall’art. 5 della Carta Costituzionale. «La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali». Ora, se la promozione va intesa quale leale collaborazione tra i soggetti istituzionali che compongono la Repubblica e disponibilità a cooperare quando è in discussione una problematica inerente le autonomie locali, allora la legge di modifica dovrà rispettare questo principio, prevedendo forme concertative tra le realtà. Una soppressione delle Province decisa autoritativamente da parte dello Stato, in assenza di qualunque meccanismo che coinvolga Comuni e Regioni, sembra dunque in contrasto. Questo, beninteso, non significa immodificabilità: significa che, in materia di delimitazione e/o soppressione di circoscrizioni provinciali (ma il discorso può riguardare anche Regioni e Comuni), allo Stato è preclusa la possibilità di stabilire d’imperio.
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