Consulenze e pr, tagli senza sconti

Le sezioni unite della Corte dei conti chiariscono l’interpretazione delle norme del dl 78/2010

Italia Oggi
29 Settembre 2011
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Il taglio delle spese per consulenze, incarichi, pubbliche relazioni e pubblicità non conosce eccezioni. Nemmeno quando si tratta di consulenze «altamente specialistiche», che esulano dalle competenze delle professionalità interne alle amministrazioni, o di pubblicità istituzionale, indispensabile per informare i cittadini sulle modalità di fruizione dei servizi pubblici. Entrambe non sfuggono, contrariamente a quanto affermato dalla Corte conti Lombardia, all’austerity prevista dalla manovra correttiva 2010 (dl 78) che ha imposto una riduzione dell’80% dei costi registrati nel 2009. A chiarirlo sono le sezioni unite della Corte conti con la delibera n. 50/2011 datata 21 settembre e resa nota ieri. I supremi giudici contabili sono stati chiamati in causa dalla sezione dell’Emilia Romagna a cui si era rivolto il Consiglio delle autonomie locali della regione per sciogliere una serie di dubbi interpretativi. Sulla corretta lettura da dare alle norme del dl 78 (art. 6, commi 7 e 8) i giudici emiliani hanno alzato le mani rimettendo i quesiti alle sezioni unite. Le quali tra la tesi più morbida suffragata dalla Corte conti Lombardia (che propende per escludere dal taglio le consulenze specialistiche e le spese per le finalità istituzionali previste dalla legge n. 150/2000) e quella più restrittiva fatta propria dalla sezione dell’Emilia Romagna hanno scelto quest’ultima. Sconfessando apertamente i giudici lombardi la cui interpretazione, hanno scritto, «non appare coerente con la disciplina dettata in materia che prevede tra i presupposti per il ricorso a collaborazioni il preliminare accertamento dell’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili». Quanto alle spese di pubblicità, le sezioni unite hanno condiviso i timori della Corte conti Lombardia in ordine ai possibili effetti negativi sull’efficacia dei servizi, ma hanno ritenuto di dover escludere dalla stretta solo le forme di pubblicità previste dalla legge come obbligatorie (per esempio la pubblicità legale ndr). «L’ulteriore esclusione», hanno scritto i giudici, «di quelle relative alla c.d. pubblicità istituzionale porterebbe inevitabilmente a privare il precetto delle finalità di risparmio previste» in considerazione dell’ampiezza delle attività di formazione e comunicazione di cui alla legge n. 150/2000. Inoltre, hanno concluso le sezioni unite, un altro argomento a favore di un’interpretazione ampia della stretta, va rinvenuto nella previsione di specifiche deroghe (convegni organizzati dalle università e dagli enti di ricerca, feste nazionali e, solo per il 2012, mostre). «La loro presenza, ove si accedesse a un’interpretazione restrittiva, si rivelerebbe in alcuni casi non utile, potendo rientrare tra le forme di pubblicità istituzionale».

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