La legge di stabilità per il 2012 ora in discussione al Senato decreta l’addio definitivo alle “piccole scuole”: gli istituti che contano meno di 600 alunni, o di 400 nelle zone di montagna, nelle piccole isole e nei territori caratterizzati da particolarità linguistiche, dal prossimo anno scolastico non esisteranno più come entità singole, ma dovranno accorparsi fra loro. Obiettivo: risparmiare sulla struttura amministrativa, a partire dal dirigente scolastico (il vecchio preside: ognuno di loro costa 80mila euro all’anno), e dal «direttore dei servizi generali e amministrativi» (Dsga: sono i capi delle segreterie, e guadagnano 35.500 euro lordi ogni anno): alla fine del gioco, il prossimo anno scolastico dovrebbe costare 135,7 milioni in meno, e grazie alle ulteriori cessazioni i risparmi salirebbero a 162,2 milioni nel 2014/2015. Il primo ridisegno della rete scolastica sul territorio era stato previsto dalla manovra di luglio (articolo 19, comma 5, del Dl 98/2011), che prevedeva l’accorpamento per gli istituti con meno di 500 iscritti (300 nei territori “tutelati”). L’aumento di 100 unità dei due parametri disposto con la legge di stabilità può apparire un piccolo ritocco, ma all’atto pratico si traduce in una mini-rivoluzione: la regola scritta a luglio avrebbe fuso le strutture amministrative di 1.812 scuole, mentre con la nuova norma gli istituti obbligati a salire sulla giostra degli accorpamenti diventano 3.138, il 73% in più. Il processo, spiega la relazione tecnica che accompagna la legge approvata dal consiglio dei ministri, cancella 1.331 posti da preside e 1.569 da Dsga. La nuova disciplina riscrive la geografia dell’amministrazione scolastica in tutto il Paese, ma gli effetti si concentrano in particolare al Sud: la Regione con più scuole sotto i 600 alunni chiamate all’accorpamento è la Campania, con 418 istituti interessati, seguita dalla Puglia (314) e dalla Calabria (242). La Lombardia, che pure conta il quintuplo dei residenti calabresi, ospita solo 133 scuole coinvolte dalla norma, e anche il Piemonte, dove si concentra un terzo dei Comuni italiani sotto i mille abitanti, non supera le 139 scuole troppo “piccole” per sopravvivere in modo autonomo. Lo squilibrio Nord-Sud è generalizzato: la piccola Basilicata, con meno di 600mila abitanti, ospita più piccole scuole rispetto all’Emilia Romagna, che di residenti ne ha 4,4 milioni. Sempre nel mondo della formazione, la legge di stabilità non trascura poi accademie e conservatori, dimenticati dalle misure precedenti taglia-stipendi: dal 2012, anche le loro retribuzioni saranno completamente bloccate.
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