È sempre più vivo l’interesse dei comuni sul tema della riscossione delle proprie entrate. Lo dimostrano numerose segnalazioni che pervengono all’Anutel accomunate da stesse esigenze di disciplina.
Nelle proposte avanzate dall’Associazione in sede di audizione alla Commissione bicamerale di vigilanza sull’anagrafe tributaria avvenuta il 6 ottobre scorso, hanno trovato spazio le problematiche innescate con l’approvazione del dl 70/2011. In primo luogo appare necessaria la previsione di una fase transitoria per consentire ai comuni, unici enti nel panorama delle amministrazioni pubbliche ad essere fortemente incisi dalle nuove disposizioni, di organizzare una gestione in grado di potenziare la riscossione diretta delle somme, ampiamente digerita nell’ambito della fase spontanea ma ancora molto carente nella fase coattiva.
Colpe storiche non possono che essere ricondotte all’assetto binomio degli strumenti, la cartella di pagamento da un lato e l’ingiunzione fiscale rimodernata secondo una versione cosiddetta rafforzata dall’altro, che ha incontrato diverse difficoltà applicative, superate a suon di sentenze non ancora pacifiche. La stessa figura del funzionario responsabile della riscossione, confermato dal dl 70/2011, fa da ostacolo alle buone intenzioni di quei comuni che vorrebbero creare una competenza in tal senso, in una situazione aggravata dal blocco delle assunzioni e delle spese per la formazione che tocca addirittura le difficoltà di utilizzo del mezzo proprio, aggravate dalla riforma Brunetta. Arenati sull’inquadramento dell’ufficiale di riscossione, i comuni faticano a disegnare le procedure di riscossione e ad attribuire le competenze sul fronte delle misure cautelari ed esecutive. Il tema dell’accesso alla banca dati si coniuga anche con la funzione di riscossione che si fonda sulla conoscenza della solvibilità del debitore. Lo stesso accesso ai conti correnti bancari non può essere liquidato da problemi di privacy o di sistema assumendo importanza non solo nell’ambito della riscossione, ma anche della lotta all’evasione erariale.
Preoccupazioni emergono anche sul difficile tema delle spese di riscossione addebitabili, che si traducono in altro prelievo coattivo: la situazione italiana anche in questo caso lascia spazio alla fantasia, presentando casi in cui il debitore non sopporta alcuna spesa rispetto all’ipotesi in cui si procede al computo di voci diverse, come l’aggio del sistema Equitalia piuttosto che le parcelle dell’avvocato. Un sistema che rischia di costare ancora di più ai comuni che, per anni, hanno corrisposto ad Equitalia, sia per la riscossione spontanea che coattiva, aggi elevati, disciplinati da convenzioni quasi obbligate che hanno raggiunto cifre elevatissime, bypassando le norme in vigore. Fortemente sentita la necessità di disciplinare le sorti dei ruoli pregressi che diventeranno orfani con l’uscita di Equitalia dal mondo della riscossione locale nonché tutti i contratti in corso stipulati con le società iscritte all’albo, nel rispetto delle regole sull’evidenza pubblica. E che dire delle province, private degli strumenti privilegiati in caso di riscossione coattiva diretta e mantenute in capo al sistema Equitalia.
Una divisione che le allontana dai comuni. È difficile comprendere cosa abbia spinto il legislatore, sulla scia delle polemiche verso Equitalia e casi limite come quello di Tributi Italia, a reagire mediante una restrizione di strumenti e di soggetti, a tutto scapito dell’efficienza e dell’autonomia locale. La legge 42/2009 si sofferma anche sulla necessità di riconoscere modalità di riversamento diretto delle somme spettanti agli enti impositori, a riprova del fatto che il maneggio di denaro pubblico deve rimanere circoscritto ai soggetti titolari delle entrate. L’importanza dell’efficacia della riscossione spinge l’Anutel a chiedere la disciplina di uno strumento unico di riscossione coattiva per tutte le entrate locali comprese le sanzioni al Cds; accesso all’anagrafe dei conti, funzioni di elaborazione della banca dati del Pra, con accesso gratuito agli enti locali (altrimenti che senso ha mantenere un pubblico registro automobilistico che non viene reso disponibile alla p.a.?).
Aggiungiamo la necessaria deroga sulle assunzioni da destinare alla riscossione di tutte le entrate dei comuni, percorsi di formazione attuabili in tempi rapidi, la fissazione di limiti alle spese di riscossione addebitabili al debitore. In conclusione, resta da chiedersi che senso abbia avuto la decisione madre assunta dal legislatore nel 2005 di riportare in mano pubblica la riscossione quando poi assistiamo alla fuga di Equitalia pagata 500 milioni di euro per tre anni consecutivi, e dopo aver riscosso cifre di aggi elevatissime sui pagamenti spontanei e coattivi da parte dei comuni?
Equitalia abbandona i comuni, a chi giova?
Incertezza sul futuro della riscossione locale
Italia Oggi
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