I corrispettivi erogati alle società partecipate in esecuzione dei contratti di servizio non vanno considerati nel complesso delle spese da sommare alle spese correnti dell’ente locale, al fine di computare l’incidenza della spesa di personale sul totale della spesa, in applicazione dell’articolo 76, comma 7, della legge 133/2008. È uno tra i principali suggerimenti avanzati dall’Anci nella sua
nota interpretativa dedicata al problema del computo delle spese delle società partecipate, ai fini del calcolo appunto dell’indice della spesa di personale su quella corrente, che non deve superare il 40%.I problemi affrontati dalla nota interpretativa trovano la loro origine nella modifica apportata dall’articolo 76, comma 7, della legge 133/2008 dalla prima manovra estiva 2011, che impone di computare «le spese sostenute anche dalle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che sono titolari di affidamento diretto di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgono funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale, né commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica». L’Anci propone alcune chiave interpretative, mettendo contestualmente a nudo tutte le contraddizioni della norma, che secondo l’associazione dei comuni sarebbe comunque necessario rivedere profondamente, se non abolire del tutto.No alle duplicazioni della spesa. La necessità di depurare dalle spese delle società i corrispettivi pagati dagli enti partecipanti discende dall’esigenza di evitare la duplicazione del computo di un medesimo costo. I trasferimenti come compenso per le attività rese dalle società in esecuzione dei contratti di servizio sono spesa corrente dell’ente dominus, ma anche costo di esercizio della società.Il pericolo di conteggiare due volte tali partite va scongiurato eliminando dai conteggi i costi di esercizio correlati a ricavi delle società derivanti dai pagamenti connessi ai contratti di servizio. L’Anci propone anche formule di calcolo per determinare l’incidenza complessiva delle spese generali delle società e delle spese correnti degli enti locali, senza dimenticare di sottolineare come, tuttavia, essi possano essere fortemente influenzati dalla presenza di utili o perdite, che possono rendere disomogenei i risultati.Campo di applicazione. La formulazione dell’articolo 76, comma 7, novellato nonè coerente con le definizioni normative delle società di gestione di servizi pubblici locali o delle società strumentali e crea parecchie incertezze. L’Anci esclude che la norma possa estendere la sua efficacia oltre l’insieme delle società vere e proprie: non sono da considerare, dunque, le spese di soggetti, sia pure partecipati dal capitale locale, diversi dalle società, come associazioni, fondazioni, aziende speciali.Se non vi sono problemi, poi, a identificare le società a partecipazione pubblica totalitaria, più complesso è il riferimento al «controllo». Secondo l’associazione si deve fare ricorso all’articolo 2359 del codice civile.La norma vale sostanzialmente per tutte le società affidatarie senza gara dei servizi sia a rilevanza sia senza rilevanza economica; ma si estende anche alle società cui sia stato affidato un servizio privo di rilevanza economica, visto che la norma non richiede necessariamente la formula dell’in house providing, nonché a tutte le società (totalitarie, miste o in house) strumentali, che cioè hanno come destinatario della propria attività l’ente locale, per conto del quale gestiscono servizi pubblici in forma privatistica.Sono escluse dalla norma, oltre che le società quotate in borsa espressamente citate, anche le società miste costituite per effetto della gara a doppio oggetto, con la quale il socio viene selezionato per partecipare ad almeno il 40% del capitale e svolgere specifici compiti operativi.Spesa del personale. L’Anci ricorda le troppe contraddizioni esistenti nell’individuazione delle spese da considerare attinenti al personale, derivanti dall’assenza di una norma che le enumeri in maniera chiara e dalla diversità di visioni tra le conclusioni contenute nella circolare 9/2006 della Ragioneria generale dello stato e la Corte dei conti.In attesa di un pronunciamento più chiaro, che l’associazione si è impegnata a promuovere con la Rgs, la nota suggerisce di escludere le spese per il personale comandato rimborsate da enti terzi, gli straordinari elettorali rimborsati dallo stato, le spese di personale per attività svolte in conto terzi e da essi rimborsati (esempio, il censimento Istat), le spese totalmente finanziate dalla Ue o da privati, gli incentivi per progettisti e avvocati, gli incentivi derivanti da recupero Ici e dal condono edilizio. Queste indicazioni, tuttavia, sono in contrasto con le indicazioni del parere 51/2011 delle sezioni riunite della Corte dei conti.Disomogeneità dei bilanci. L’Anci perora la necessità di rivedere o abolire le norme commentate dalla nota, sottolineando come manchi del tutto la possibilità di conciliare con precisione le spese dell’ente locale, con quelle delle società, vista la assoluta difformità delle regole contabili. Nelle società non esiste la contabilità finanziaria, che se venisse applicata potrebbe consentire di elevare il computo della spesa per indebitamento (non considerando gli ammortamenti), il che paradossalmente aumenterebbe la voce delle spese generali e finirebbe per consentire assunzioni in numero maggiore di quello che avverrebbe se non si applicasse l’articolo 76, comma 7. Inoltre, mentre gli enti locali adottano un bilancio di previsione, le società conoscono l’entità delle loro spese solo a posteriori, col bilancio consuntivo da approvare entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio: il che non permette di capire il regime temporale di verifica di applicazione del divieto assoluto di assumere, nel caso di sforamento dell’indice della spesa di personale del 40%.
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