Alla rivoluzione del catasto gli ultimi diventeranno i primi. Nel senso che chi finora pagava poche tasse per un immobile di valore si troverà un bell’aumento fiscale, mentre chi aveva valori catastali superiori a quelli di mercato potrà beneficiare di una sensibile diminuzione, almeno rispetto all’Imu gonfiata dall’ultima manovra.
Già, perché la roulette degli attuali valori catastali non lascia spazio a certezze. È vero che, in media, secondo le (prudenziali) analisi dell’Osservatorio immobiliare le case valgono in media 3,7 volte tanto i numeri riportati dal Catasto, ma come spesso capita la media nasconde al proprio interno condizioni fra loro agli antipodi. Ci sono i casi limite del centro di Milano, dove fra i valori catastali e quelli reali le differenze superano le 7 volte, ma ci sono anche, diffusi sul territorio, situazioni come quella di Casale Monferrato, in provincia di Alessandria, o Langhirano (Parma) dove il mercato è ancora più avaro delle tabelle dell’amministrazione finanziaria.
Per provare un primo carotaggio sugli effetti possibili della riforma, che secondo le intenzioni annunciate dal Governo dovrà abbandonare classi, categorie, rendite e moltiplicatori per collegare il prelievo fiscale alla realtà del mercato, nella tabella qui a fianco si fanno i conti in tasca a immobili in diversi contesti, dalle grandi città ai paesi più piccoli. La rivoluzione, sempre secondo il Governo, dovrebbe essere «a costo zero», ovviamente nel senso che non dovrà aumentare la pressione complessiva sulla casa.
Per questa ragione i calcoli, una volta individuate le nuove aliquote (sensibilmente più basse delle attuali: sono lo 0,858 per mille per l’abitazione principale e al 3,262 per mille per le altre case) che garantirebbero lo stesso gettito dell’Imu ma in un sistema fondato sui valori reali, le applicano ai diversi immobili per vedere l’effetto che fa. Per un trilocale (categoria A3) a Milano, l’Imu rischia un aumento del 35% sull’abitazione principale, e un raddoppio sulle case diverse dalla prima, a Casale Monferrato il quadro si capovolge, con «sconti» fino al 70 per cento. Su questa base, si può ipotizzare una regola: per incontrare un aumento non basta avere una rendita inferiore ai livelli di mercato, occorre che la differenza sia superiore al taglio di aliquota necessario per cambiare il sistema senza aumentare il gettito.
Tutto bene, dunque? Per niente, dice Achille Colombo Clerici: «C’è il dubbio che si possa intervenire in modo completo, tempestivo ed efficace su tutto il territorio: il 75% del patrimonio sta in città sotto i 100.000 e il 45% sta in comuni sotto i 20.000 abitanti (7576 su 8092 comuni!)». Allarmato anche Sforza Fogliani, presidente di Confedilizia: «La scelta fondamentale è sempre una, e una sola: va tassato il reddito o il valore? Il Governo attuale è evidentemente su quest’ultima strada». Fabio Pucci, segretario generale dell’Uppi(piccoli proprietari) è dubbioso sul ‘saldo zero’ fiscale dopo la revisione: «Sembra che l’obiettivo sia quello di far pagare la crisi solo ai proprietari immobiliari».
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