Le amministrazioni locali avranno tempo fino a giugno per predisporre i bilanci e regolamenti sulle entrate e per deliberare aliquote e tariffe. Le scelte dei comuni sono però condizionate dalla quota del tributo riservata allo stato. Infatti, oltre alle incertezze sulle possibili scelte regolamentari, vanno valutati anche gli effetti economici che derivano dall’introduzione di eventuali agevolazioni.
Nella predisposizione dei bilanci i comuni devono tener conto non solo delle minori entrate che comporta il riconoscimento ai contribuenti di maggiori detrazioni Imu e riduzioni di aliquote, ma anche della quota del gettito (50%) che l’articolo 13 del dl Monti (201/2011) assicura allo stato. Le agevolazioni Imu, infatti, non possono intaccare la quota riservata all’erario. Quindi, il costo delle agevolazioni rimane a carico dell’ente.
Gli effetti negativi per i bilanci comunali possono derivare dal riconoscimento di maggiorazioni, detrazioni o riduzioni di aliquote deliberate per immobili diversi dall’abitazione principale e dagli immobili rurali strumentali.
Per l’Imu gli enti non hanno la facoltà di concedere esenzioni, ma di fatto possono ottenere lo stesso risultato azzerando l’imposta, soprattutto per le categorie più deboli.
Possono infatti aumentare la detrazione prevista dalla legge (200 euro più 50 euro per ogni figlio che risieda anagraficamente e dimori abitualmente nell’immobile, per un importo massimo di 400 euro, al netto della detrazione di base) fino a concorrenza dell’imposta dovuta. Tuttavia, in questi casi sono posti dei limiti ben precisi: va rispettato l’equilibrio di bilancio e non può essere aumentata l’aliquota di base (7,6 per mille) per gli immobili diversi dall’abitazione principale.
Inoltre, nell’esercizio della potestà regolamentare nulla impedisce al comune di introdurre, come indicato nella relazione tecnica al decreto «salva Italia», «particolari mitigazioni del carico tributario per specifiche fattispecie», come riduzioni d’imposta o aliquote agevolate.
Per esempio, per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, o per quelli realizzati per la vendita e non venduti dalle imprese che hanno per oggetto esclusivo o prevalente dell’attività la costruzione e l’alienazione di immobili. Questi benefici fiscali non sono previsti dalla disciplina Imu, così come non è più contemplato il trattamento agevolato per gli immobili di interesse storico-artistico, per quelli locati o dati in uso gratuito a parenti e affini.
Soprattutto per i beni merce delle imprese il legislatore si è preoccupato di sollecitare le amministrazioni locali a deliberare l’aliquota ridotta. Peccato però che l’eventuale scelta rimane solo a carico dell’ente, che deve comunque anche in questi casi garantire allo stato il 50% dell’imposta con applicazione dell’aliquota ordinaria. Sebbene sia lodevole questo interesse in un momento di particolare crisi economica delle imprese, anche nel settore edilizio, la norma avrebbe dovuto prevedere l’applicazione ex lege di questo beneficio fiscale senza rinviare alle deliberazioni comunali. L’articolo 56 del dl liberalizzazioni (1/2012) stabilisce, infatti, che i comuni possono ridurre l’aliquota di base fino al 3,8 per mille per i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita.
L’agevolazione non può superare i tre anni dall’ultimazione dei lavori e spetta fino a quando permane questa destinazione, a condizione che gli immobili non siano locati.
L’altro beneficio che sta particolarmente a cuore al legislatore è quello che riguarda i fabbricati inagibili o inabitabili, ma per i quali non ha disposto la riduzione al 50% dell’imposta. In base all’articolo 8 del decreto legislativo 504/1992, l’Ici era invece ridotta per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati.
La riduzione era limitata al periodo dell’anno durante il quale sussistevano queste condizioni. Che non spetti più questa agevolazione ex lege, è confermato anche dal fatto che è stata abrogata la disposizione (articolo 59, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 446/1997) che riconosceva al comune la facoltà di introdurre nel regolamento Ici che la riduzione dell’imposta fosse applicabile solo in presenza di un degrado del fabbricato non superabile con interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria.
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