L’articolato, che ora attende solo la promulgazione e la pubblicazione per entrare in vigore, dà attuazione a quanto previsto dalla legge di stabilità 2011 (legge 220/2010), laddove consente alle regioni, per gli enti locali del proprio territorio, di integrare le regole definite a livello nazionale, modificando gli obiettivi posti dal legislatore nazionale alla luce delle diversità delle situazioni finanziarie esistenti.
Il fine principale, comune a tutte le regioni che sono intervenute in materia, è quello di consentire il pieno sfruttamento degli stretti margini finanziari di manovra concessi dal Patto per rendere più celere il saldo delle fatture, smaltendo almeno in parte la montagna di debiti pregressi che sommerge le p.a. e strozza le imprese. Del resto, nelle periodiche indagini sui ritardi nei pagamenti da parte del settore pubblico, il Patto viene sempre individuato come il problema principale. In più, la legge veneta si propone di rafforzare la fattibilità degli interventi legati a situazioni di emergenza di cui non sia già prevista l’esclusione ai sensi della normativa statale vigente. Non manca, infine, un cenno alla necessità di premiare gli enti più virtuosi.
Spetterà alla giunta regionale e alla Conferenza permanente regione-autonomie locali (nelle more della costituzione del Consiglio delle autonomie locali) la definizione dei criteri e delle modalità operative per la rideterminazione degli obiettivi dei singoli enti locali. Ricordiamo che la regionalizzazione del Patto può operare sia in «verticale» (la regione cede quote del proprio obiettivo agli enti locali), che in orizzontale (gli enti locali si scambiano quote fra di loro). La legge del Veneto non distingue fra le due ipotesi, anche se sembra riferirsi più puntualmente al Patto regionalizzato «orizzontale». Tale regione, del resto, ha già operato con l’altra modalità (Patto regionalizzato «verticale») nel 2011, mettendo a disposizione un plafond da 80 milioni di euro.
La frontiera, però, è rappresentata della completa sinergia fra i due predetti strumenti, attraverso la definizione di un autentico patto «di territorio», che preveda la piena integrazione, anche in chiave programmatica (e non solo, come ora, in corso di gestione), fra gli obiettivi di Patto di regione, province e comuni.
Tale evoluzione, già prevista dall’art. 20 della manovra di luglio (decreto legge 98/2011), e stata rinviata al 2013 dalla successiva legge 183/2011. A tal fine, è prevista l’adozione di un decreto del Mef che dovrebbe superare la disciplina del Patto regionalizzato attualmente vigente.
Se nel 2011, tale strumento ha consentito alle regioni di smobilizzare oltre un miliardo di euro di pagamenti fermi, le potenzialità dello strumento sono decisamente superiori, come più volte sottolineato, fra gli altri, dall’Ance. Non a caso, i costruttori hanno sollecitato una pronta definizione della normativa concernente il nuovo Patto territoriale integrato, in modo da consentire una sua piena applicazione fin dal prossimo anno e scalfire in modo più incisivo la montagna di oltre 70 miliardi di debiti delle p.a. ancora da onorare. È questa la vera sfida che occorre affrontare e vincere per fare del Patto regionalizzato uno strumento davvero completo utile alle imprese e all’economia del Paese.
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