I nuovi margini di manovra possono inoltre porre agli enti complesse alternative nella distribuzione del carico fiscale tra diverse tipologie di contribuenti. Il bilanciamento tra interventi Irpef e Imu consentirebbe di distribuire il carico fiscale tra lavoro e rendita, mentre un’articolazione progressiva delle aliquote Irpef concentrerebbe il prelievo sui redditi alti alleggerendo le famiglie con redditi inferiori.
Tuttavia rispetto a queste opzioni che, per la dimensione delle grandezze in gioco, possono assumere un valore più che altro segnaletico, appaiono più concrete le opzioni di intervento selettivo per garantire la sostenibilità dell’imposta sui contribuenti a reddito più basso.
Questo tema riguarda in primo luogo l’Imu. Se infatti la sostenibilità dell’Irpef è direttamente controllata dall’aliquota, l’incidenza dell’Imu sul reddito può essere rilevante. Ad esempio nel caso di un pensionato con assegno sociale (5.577 euro annui), con abitazione principale “media” (rendita 513 euro), l’incidenza dell’Imu sul reddito supera il 2,6 per cento.
Esenzioni dall’Irpef dei contribuenti a basso reddito, inoltre, sono a rischio sia per l’evasione, sia per il carattere “personale” dell’Irpef, che non distingue tra i redditi più bassi quelli che sono inseriti in un contesto familiare di benessere; agevolazioni commisurate a un indicatore di condizione economica più complesso, come l’Isee, consentirebbe di escludere dai benefici un numero maggiore di «falsi poveri».
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