L’imposta sul mattone segue la proprietà e i diritti reali. Categoria in cui non rientra il comodato gratuito, anche se formalizzato con un contratto registrato. Risultato: il padre che “presta” un alloggio al figlio deve pagare l’Imu come seconda casa. Al contrario, se la madre continua ad abitare nell’appartamento ereditato dal marito, i figli comproprietari se la cavano senza versare l’imposta, perché il tributo è collegato al diritto d’abitazione riconosciuto al coniuge superstite. Coniuge che, tra l’altro, potrà beneficiare del trattamento agevolato per l’abitazione principale.
Queste sono solo due delle tante situazioni “particolari” – ma assai diffuse – che hanno dominato i circa 200 quesiti arrivati ieri pomeriggio alla videochat sul sito del Sole 24 Ore. In linea con il principio che lega l’obbligo fiscale ai diritti reali, sul caso dei coniugi separati o divorziati interviene anche la circolare allo studio del ministero dell’Economia (si veda Il Sole 24 Ore di ieri), che illustra le novità dettate con la conversione del decreto fiscale (articolo 4, comma 12-quinquies del Dl 16/2012). Il coniuge che si vede assegnare la casa dopo la separazione acquisisce il diritto d’abitazione e – di conseguenza – versa l’Imu come abitazione principale. Anche se la casa dovesse essere in comproprietà o interamente dell’altro coniuge.
La comproprietà
Molti navigatori si sono rivolti alla videochat per chiarire il trattamento riservato alla comproprietà. In particolare, il caso critico è quello di uno stesso immobile in cui dimora e risiede solo uno dei due contitolari. In questa situazione, chi abita nella casa può applicare sulla propria quota l’aliquota dello 0,4% e la detrazione di 200 euro; l’altro comproprietario, invece, deve fare i conti con l’aliquota ordinaria dello 0,76 per cento.
I comodati gratuiti
Anche una vecchia eredità tra fratelli, di conseguenza, può avere riflessi non indifferenti sul fronte dell’Imu. Così come tutti i casi di appartamenti concessi ai parenti senza variare la titolarità dei diritti. Prassi tutto sommato comune, che però al tempo dell’Ici aveva finito per erodere fette via via crescenti di base imponibile. Da qui la stretta sulle «assimilazioni» all’abitazione principale, che nasce con evidenti finalità antielusive, ma rischia di far pagare un conto salato ad alcuni contribuenti.
Anziani e residenti all’estero
Emblematico l’esempio degli alloggi di proprietà dei residenti all’estero iscritti all’Aire, un altro tema che ha raccolto diverse domande nell’ambito della videochat.
La novità più importante contenuta nella bozza di circolare dell’Economia è l’esclusione dalla quota erariale degli immobili sfitti che i Comuni decideranno di parificare all’abitazione principale. L’intervento ministeriale – che sul punto forza la lettera della legge – nasce per rendere possibile ai sindaci uno sconto che altrimenti sarebbe stato difficilmente praticabile: basti pensare al paradosso di un’aliquota ridotta fino allo 0,4% che avrebbe obbligato il Comune a lasciare allo Stato il 95% del gettito.
La stessa interpretazione vale anche per gli sconti sulle case dei disabili e degli anziani ricoverati (e residenti) in strutture di lungodegenza. Invece, in caso di trattamento di favore per le Onlus, lo Stato non rinuncerà alla propria quota.
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