Nei mesi scorsi l’associazione ha presentato un dossier al Governo e al ministero dello Sviluppo economico per denunciare tempi di pagamento insostenibili e per chiedere a gran voce il recepimento della direttiva Ue sui ritardi da parte della Pubblica amministrazione (direttiva numero 7 del 2011), che prevede pagamenti entro 30 giorni – che arrivano a 60 solo in alcuni casi specifici – pena interessi di mora pari all’8 per cento.
Gli Stati membri sono chiamati ad attuare la direttiva entro marzo 2013 per evitare procedure d’infrazione, ma il Governo Monti si è impegnato a recepirla prima, entro quest’anno. Un passaggio importante e atteso dalle imprese, che riguarderebbe i pagamenti di tutta la Pa, compresi Comuni e partecipate. Anche se nel dossier al vaglio del Governo pesano le valutazioni in corso presso la Ragioneria dello Stato per definire l’impatto sui conti pubblici della normativa.
«La situazione creditizia è allarmante – sottolinea Martinelli – e in assenza di interventi le imprese, perlopiù di piccole e medie dimensioni, con meno di 250 dipendenti, rischiano il credit crunch». Un rischio che potrebbe allentarsi alla luce dei due decreti attuativi annunciati ieri su certificazione dei crediti e compensazioni delle somme iscritte a ruolo.
Quello di Paolo Martinelli è un osservatorio privilegiato visto che è amministratore delegato della Farid Industrie Spa di Vinovo, in provincia di Torino, tra le principali produttrici in Italia di compattatori, vasche, attrezzature speciali destinate a enti locali e società che gestiscono raccolta e trasporto dei rifiuti. «Rappresentiamo in un certo senso l’anello debole della catena – sottolinea Martinelli – perché i Comuni, a causa del patto di stabilità e delle scarse risorse, non pagano le “ex municipalizzate” o i privati che hanno in concessione il servizio, e questo meccanismo causa enormi danni all’intera filiera». Senza dimenticare, aggiunge Martinelli, i problemi di accesso al credito delle società appaltatrici, dinamica che alimenta la crisi di liquidità e rende difficile ottenere finanziamenti o leasing dal sistema bancario. E dire che rinnovare i veicoli per i servizi ecologici è una priorità, visto che almeno metà dei mezzi circolanti – compattatori, vasche rifiuti e veicoli spurgo – secondo uno studio dell’Anfia su dati del ministero dei Trasporti, è immatricolato prima del 2000.
Vita dura, dunque, per chi lavora prevalentemente con enti locali o società che gestiscono i servizi di raccolta rifiuti: «Accanto alle difficoltà nei pagamenti, con casi eclatanti come l’Amia di Palermo o come il Comune di Napoli e la società Asia, verso la quale si riesce a ottenere pagamenti solo attraverso decreti ingiuntivi – aggiunge Martinelli – siamo di fronte in questi mesi ad un’altra emergenza, rappresentata dall’aumento di casi di fallimento di Spa attive nel settore». È il caso dell’Amica di Foggia, in esercizio provvisorio da gennaio scorso, tanto per fare un esempio, o dell’Asa servizi del Canavese, in Piemonte. «Sul tema dei pagamenti – conclude Martinelli – abbiamo coinvolto anche l’Autorità di vigilanza sui contratti perché in Italia in realtà esiste già un impianto normativo, in particolare la Legge 231 del 2001, che fissa dei paletti per i tempi. Basterebbe comunque applicare questa legge e a quanto stabilito da numerose sentenze sul tema per tutelate contratti e crediti delle imprese».
SETTORE IN AFFANNO
Il giro d’affari
Le aziende produttrici di veicoli per i servizi ecologici aderenti all’Anfia (Associazione nazionale filiera industria automobilistica) registrano un fatturato complessivo di 350 milioni e circa 1.500 addetti
Il dossier
Nei mesi scorsi l’associazione ha presentato un dossier al ministero dello Sviluppo economico per denunciare tempi di pagamento insostenibili e per chiedere il recepimento della direttiva Ue sui ritardi da parte della Pa (direttiva numero 7 del 2011) che prevede pagamenti entro 30 giorni – con limitate eccezioni anche fino a 60 – pena interessi di mora pari all’8 per cento
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