La prima misura è l’affidamento allo «sportello unico» per l’edilizia di competenze decisorie che possano velocizzare le procedure amministrative e ridurre gli oneri a capo dei privati. In questo modo si semplifica il front office per l’impresa: il procedimento diventa unico e tutti gli adempimenti passano per lo stesso ufficio.
Su questa misura il ministero delle Infrastrutture non muove rilievi di fondo, ma chiede che sia previsto un regime transitorio di sei mesi su cui, peraltro, non sembra esserci opposizione da parte di nessuno. La probabilità che la norma entri nel decreto sembrano quindi buone.
Anche sulla seconda proposta non sembrano esserci ostacoli particolari. È quella che prevede l’introduzione del principio generale dell’acquisizione d’ufficio dei documenti già in possesso della pubblica amministrazione. Che senso ha che in una domanda per una Dia presentata al comune si debba allegare anche la mappa catastale che è stata prodotta dal comune stesso? L’obiettivo è anche in questo caso la riduzione dei tempi e degli oneri amministrativi in capo ai privati.
Più difficoltoso sembra il percorso della terza norma proposta dal tavolo istituzionale: l’eliminazione del limite della sagoma nelle ristrutturazioni edilizie svolte mediante demolizione e ricostruzione.
È una questione su cui hanno già legiferato recentemente alcune Regioni, come la Lombardia: una questione che si dibatte da tempo e che ormai sembra matura, soprattutto perché non viene meno l’obbligo di rispettare né le norme sulla sicurezza né le prescrizioni in materia architettonica. Perché, se si demolisce e ricostruisce un edificio con una ristrutturazione edilizia, necessariamente la sagoma deve restare la stessa, anche se si parla di un brutto edificio?
Le innovazioni legislative regionali sono state bloccate dalla Consulta che, con la sentenza 309/2011, ha dichiarato illegittima la legge della Lombardia, ribadendo la titolarità esclusiva dello Stato a legiferare sulla materia.
Su questa norma, forse proprio per un presunto rispetto della sentenza della Corte costituzionale, le obiezioni del ministero delle Infrastrutture erano ieri più consistenti, al punto che sembrava difficile l’inserimento nel decreto legge sviluppo.
L’ultima modifica riguarda la correzione di alcune criticità esistenti nella disciplina del rilascio del permesso di costruire previsto dall’articolo 20 del testo unico per l’edilizia.
In sostanza si precisa che il termine per la formazione del silenzio-assenso decorre soltanto dalla presentazione della domanda di permesso di costruire e non dalla precedente fase istruttoria. La correzione riguarda soltanto gli interventi non soggetti a vincoli ambientali e paesaggistici. Anche su questa norma sembra esserci qualche difficoltà e la discussione in seno al Governo è andata avanti fino a tarda serata.
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