L’obbligo di riduzione della spesa di personale non è un semplice obiettivo, bensì un vero e proprio vincolo alle autonomie locali, giacché non è più la mera espressione di un principio di buona gestione al quale tendere, ma rappresenta un vero e proprio obiettivo vincolato dalla cui violazione discende, a titolo di sanzione, il divieto di assunzione.
Parte da questo assunto la deliberazione n. 513 del 16 agosto con cui la sezione regionale di controllo per il Veneto della Corte dei conti propone una serie di chiarimenti circa la riduzione delle spese di personale e gli effetti che la violazione di tale obbligo comporta.
La prima questione è se, nel caso di mancato rispetto dell’obbligo di riduzione della spesa del personale rispetto a quella dell’anno precedente, previsto dall’art. 1, comma 557, della legge n. 296/2006, le conseguenti sanzioni previste dal comma 557-ter e dall’art. 76, comma 4, del dl n. 112/2008 siano da riferirsi solamente all’anno successivo lo sforamento o si protraggono di anno in anno fino al rispetto dell’anno iniziale.
La sezione chiarisce che il divieto è operante nel solo anno successivo a quello della violazione.
La seconda questione è se la mancata integrazione del fondo per le risorse decentrate nell’anno del mancato rispetto di riduzione della spesa riguardi anche le risorse ex art. 15, comma 1, lett. k), del Ccnl del 1° aprile 1999 (incentivazione di prestazioni o risultati). Netta la chiusura della Corte, secondo cui non è possibile incrementare il trattamento economico in caso di mancata riduzione della spesa di personale alla luce dell’art. 9, comma 2-bis, del dl n. 78/2010, che cristallizza al 2010 l’ammontare complessivo delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale.
La terza questione è se, ai fini del rispetto del limite di cui all’art. 9, comma 2-bis, cit. si debbano considerare anche le economie realizzate con l’attuazione dei «piani di razionalizzazione» che, secondo quanto previsto dall’art. 16, commi 4-6, del dl n. 98/2011, le p.a. possono adottare entro il 31 marzo di ogni anno. I piani devono indicare la spesa sostenuta per ciascuna delle voci di spesa interessate e i correlati obiettivi in termini fisici e finanziari; le economie realizzate possono essere utilizzate, nell’importo massimo del 50%, per la contrattazione integrativa.
In questo caso, la sezione afferma che le risorse derivanti dalle economie non sono soggette al vincolo di cui all’art. 9, comma 2-bis, in quanto assumono una sorta di «autonomia» rispetto al vincolo stesso, per tre motivi: un primo è di ordine letterale, dato che è la norma stessa a consentire l’utilizzazione delle risorse per la contrattazione integrativa; vi è poi una questione di ordine cronologico legata al principio lex posterior derogat priori; il terzo è correlato all’art. 6, comma 1, del dlgs n. 141/2011, che consente l’utilizzo di queste economie fino alla tornata di contrattazione collettiva successiva a quella del quadriennio 2006-2009.
Queste economie sono dunque sottratte al vincolo dell’art. 9, comma 2-bis, ma non possono essere destinate al fondo per le risorse decentrate qualora l’ente non abbia conseguito la riduzione della spesa di personale rispetto agli anni precedenti.
L’ultima questione concerne il computo delle spese per lavoro straordinario e altri oneri di personale connessi alle elezioni comunali che, a differenza delle altre consultazioni elettorali, non sono soggetti a rimborso. La sezione si limita a ricordare che le spese correlate all’attività elettorale rappresentano componenti da sottrarre all’ammontare della spesa del personale limitatamente alle somme per le quali è previsto il rimborso da parte del ministero degli interni.
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Italia Oggi
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