Sull’argomento la Sardegna dovrebbe partire avvantaggiata: il referendum della primavera scorsa ha sancito la cancellazione di quattro delle otto province (Olbia-Tempio, Medio Campidano, Ogliastra, Carbonia-Iglesias). In realtà, la decisione plebiscitaria di rinunciare a quattro amministrazioni ha reso la partita più complicata, perché ha finito per trascinare nel riordino anche le altre quattro province. Su tutto si sono poi innestate le regole dell’articolo 17 del decreto legge 95 sulla spending review.
Al momento, il Consiglio delle autonomie locali (Cal) sta lavorando per mettere a punto una proposta di riorganizzazione di province ed enti locali entro il 31 ottobre, così come vuole la legge regionale 11 del 25 maggio scorso, varata per tradurre in pratica l’esito del referendum. Sempre la disposizione regionale impone che l’intera operazione di riordino si concluda entro fine febbraio. «Sulla necessità di ridurre le province – spiega Gianfranco Ganau, sindaco pidiessino di Sassari e presidente del Cal – non si discute. Seguiremo i criteri indicati dal Governo. Un’ipotesi potrebbe essere quella di ritornare alle quattro province storiche: Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano».
In Friuli, invece, di taglio neanche a parlarne. Nella regione è stata istituita in seno al consiglio regionale una struttura ad hoc (la Commissione speciale per la razionalizzazione delle province), che ha votato un documento con le linee guida per procedere al riordino. «Stiamo lavorando – afferma Antonio Pedicini, consigliere regionale del Pdl e presidente della commissione – per mantenere l’attuale assetto delle province, anche se avranno funzioni solo consultive, mentre quelle amministrative passano a Regione e Comuni. Non seguiremo, dunque, i criteri governativi, anche se alla fine il risultato andrà oltre quegli obiettivi, perché con la redistribuzione delle competenze avremo più efficienza e minori costi».
In Sicilia il problema delle province non è stato ancora affrontato. O meglio, a marzo è stata approvata una legge regionale (la numero 14) che rimanda la riorganizzazione a una legge da approvare entro fine anno. Un termine che non sarà facile rispettare, visto che a fine mese si andrà alle urne per eleggere il nuovo consiglio regionale.
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