Occupazione, pagamenti alle imprese e fisco sono le tre emergenze che il nuovo Governo è chiamato ad affrontare subito. A queste si aggiungono: la gestione del Def e del Pnr presentati dall’Esecutivo uscente e da portare a Bruxelles; il via libera delle Camere al decreto sui pagamenti della Pa; la messa a punto di una manovra di “manutenzione” dei conti pubblici, stimata tra 7 e 10 miliardi, da coprire con un nuovi tagli alla spesa. Sullo sfondo, le priorità per la ripresa indicate nel lavoro dei saggi nominati da Napolitano e nella “terapia d’urto” di Confindustria, il pacchetto di interventi da compiere da qui a cinque anni presentato alla vigilia delle recenti elezioni politiche.
La formazione del nuovo Esecutivo, dunque, corre in parallelo alla gestione di almeno tre emergenze a partire da quella sul lavoro. Su questo fronte due i nodi da affrontare senza indugio: il rifinanziamento della Cig in deroga e la proroga dei precari della Pa, in scadenza a fine maggio e che riguarda circa 150mila addetti, passaggio quest’ultimo che porta con sé la riapertura del tavolo per la gestione degli esuberi generati dal taglio degli organici per dirigenti e dipendenti dopo la spending review (circa 7.800 le eccedenze nelle Pa centrali, oltre 7.400 funzionari e circa 400 dirigenti).
Per la Cig in deroga, il quadro di “emergenza” confermato dal ministro Fornero è noto: si tratta di reperire 1-1,4 miliardi per coprire questo ammortizzatore che, dal 2012, non viene più cofinanziato dalle Regioni. Duecento milioni devono essere garantiti dall’Inps per la copertura degli accordi siglati a fine 2012, il resto va trovato in tempi brevi, magari utilizzando il decreto sblocca debiti della Pa all’esame della Commissione speciale della Camera.
Lo snodo per recuperare subito le risorse Cig è il Def che domani inizierà il suo iter-lampo in Parlamento con l’esame delle Comissioni speciali di Camera e Senato. Nelle risoluzioni si prevede una corsia preferenziale per la Cig e un innalzamento da 7,5 miliardi della dote 2014 del decreto sblocca-debiti. Due impegni che il Parlamento vorrebbe far assumere direttamente al nuovo Governo e tradurre in emendamenti al Dl, su cui da questa settimana inizierà l’esame nel merito. E questo impegno immediato si intreccia con alcune proposte dei saggi: completare il pagamento dell’intero ammontare dei debiti commerciali ed espandere l’operatività del Fondo di garanzia per le Pmi che può, attraverso garanzie a banche e Confidi sui prestiti alle imprese, attivare prestiti aggiuntivi ai 30 miliardi di euro.
A breve, poi, il Governo dovrà pensare alla manutenzione dei conti pubblici. A partire dalla sterilizzazione del l’aumento dell’Iva dal 21 al 22% e al rifinanziamento di alcune spese indifferibili come le missioni internazionali e i contratti di servizio (Poste, Fs). Ma con la manovra di manutenzione le imprese chiedono anche la cancellazione dell’aumento di dicembre della Tares e una più complessiva revisione della nuova tassa su rifiuti e servizi, nonché la proroga con relativo rifinanziamento del bonus fiscale per la riqualificazione energetica degli edifici.
Schede a cura di
Francesca Barbieri
Andrea Marini
Giovanni Negri
Giovanni Parente
DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA
Nel Def sblocco immediato di nuove risorse per la Cig
Il discorso di domani di Napolitano alle Camere farà slittare di un giorno l’avvio delle audizioni lampo (parti sociali, Bankitalia, Istat, Grilli ecc.) sul Documento di economia e finanza all’esame delle Commissioni speciali di Camera e Senato. Il Def dovrà comunque essere inviato il 29 e il 30 aprile prossimi alle due Aule di Montecitorio e di Palazzo Madama. Entro la fine del mese, infatti, l’Italia è tenuta ad inviare a Bruxelles sia il Def sia il Piano nazionale delle riforme (Pnr).
Il Def 2013-2015 è un documento in versione “work in progress”, in quanto presentato dal Governo uscente e lasciato in eredità al nuovo Esecutivo che dovrà confermare o rivedere alcune scelte fatte in questi ultimi giorni. A partire dall’utilizzo di quel mezzo punto di Pil in funzione del pagamento dei debiti arretrati della Pa nei confronti delle imprese e che sulla base della flessibilità concessa dalla Ue ha consentito all’Italia di alzare l’asticella del deficit dal 2,4 al 2,9 per cento.
I gruppi parlamentari vorrebbero intervenire con le due risoluzioni di approvazione e all’unanimità impegnare l’Esecutivo a creare una corsia preferenziale per attivare subito il rifinaziamento della Cig in deroga (1 miliardo), dei contratti di servizio (Fs, poste) e l’aumento della dote 2014 del Dl sblocca-debiti (7,5 miliardi).
DL SUI PAGAMENTI ALLE IMPRESE
Debiti Pa, in arrivo altri 7,5 miliardi per il 2014
I due relatori Giovanni Legnini (Pd) e Maurizio Bernardo (Pdl) lavorano alla messa a punto dei correttivi da apportare al Dl sblocca debiti che in settimana entrerà nel vivo dell’esame di merito da parte della Commissione speciale della Camera. In stretta relazione all’esame del Def si punta ad ampliare gli effetti finanziari del provvedimento d’urgenza varato a inizio aprile. Secondo Legnini, infatti, muovendosi all’interno dei saldi di finanza pubblica indicati dal Def per il 2014, e all’interno del quadro negoziale con l’Europa è possibile assicurare alle imprese lo sblocco di un uteriore 0,5% pari a circa 7,5 miliardi di euro di spese in conto capitale per il 2014. Una prima risposta anche a quanto evidenziato nel lavoro dei saggi nominati da Napolitano che evidenziano la necessità di completare il pagamento alle imprese entro il 2015 di tutti i crediti da loro vantati nei confronti dello Stato e delle amministrazioni locali.
Per quanto riguarda invece le procedure, Bernardo ha più volte sottolineato l’intenzione di intervenire sulle compensazioni di crediti commerciali e debiti fiscali, sulle certificazioni e sul patto di stabilità interno. L’obiettivo comune, in ogni caso, è rispondere alle richieste avanzate dalle imprese e dalle amministrazioni locali di una più radicale semplificazione dell’intera procedura che sblocca 40 miliardi in due anni per liquidare i debiti della Pa.
AMMORTIZZATORI SOCIALI
Da rifinanziare il boom della cassa integrazione
In un 2013 che si annuncia pesante sul fronte della occupazione, il nuovo governo dovrà affrontare il nodo delle risorse necessarie per finanziare gli ammortizzatori sociali (a marzo le richieste di cassa integrazione sono cresciute del 12%).
Le risorse finanziarie per sostenere la cassa integrazione e la mobilità in deroga (quelle cioè che non rientrano nei parametri per la mobilità, della cassa ordinaria e di quella straordinaria) quest’anno non potranno essere inferiori ai 2,3 miliardi erogati nel 2012, secondo quanto riferito dal ministro del Lavoro ai sindacati e ai rappresentanti delle Regioni negli incontri dei giorni scorsi.
Per ora le risorse certe (non più sufficienti) sono circa 1,6 miliardi (800 milioni dal Fondo per l’occupazione e circa 730 milioni dal Fondo sociale europeo).
Le Regioni, stimando un +25% medio annuo di richieste di cassa in deroga avevano stimato a inizio aprile un fabbisogno di 2,75 miliardi.
I gruppi parlamentari, durante la discussione sul Def (si veda scheda in alto) vorrebbero intervenire con le due risoluzioni di approvazione e all’unanimità impegnare l’Esecutivo a creare una corsia preferenziale per attivare subito il rifinanziamento della Cig in deroga (1 miliardo).
DETRAZIONE DEL 55%
Risparmio energetico, a giugno scade lo sconto
L a legge Finanziaria del 2007 ha introdotto la possibilità di detrarre dall’imposta Irpef il 55% delle spese sostenute per gli interventi di riqualificazione energetica negli edifici, vale a dire di tutti quegli interventi volti a ridurre la dispersione termica di un edificio o di una casa o, più in generale, a risparmiare energia. Tale misura è stata poi prorogata anche nella finanziaria del 2008 dando continuità alla linea di contenimento dei consumi energetici e miglioramento dell’efficienza energetica del paese. Dal governo Monti, con il decreto Sviluppo, la detrazione era stata prorogata fino al 30 giugno 2013, con l’obiettivo di favorire l’efficienza energetica degli edifici, ma anche di dare un impulso all’economia con i piccoli lavori domestici. Dal 1° luglio 2013 – allo stato attuale – non è prevista un’ulteriore prosecuzione del bonus del 55 per cento. Nel documento dei saggi nominati da Napolitano si va anche oltre la semplice richiesta di rifinanzaimento e proroga della detrazione fiscale accordata agli investimenti effettuati nella riqualificazione energetica degli edifici. I saggi, così come le imprese del settore, chiedono che la detrazione Irpef e Ires «sia resa anche permanente». La prova dei fatti per il nuovo Esecutivo è alle porte, quanto meno con il rifinaziamento dello sconto per almeno altri 6 mesi.
IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO
Dal secondo semestre l’Iva sale dal 21 al 22%
Dal 1° luglio 2013, l’attuale aliquota Iva ordinaria salirà dal 21% al 22 per cento. Il prossimo Governo, quindi, avrà sul tavolo una patata bollente che rischia di dare il colpo di grazia ai consumi delle famiglie italiane, già in picchiata. Tra i beni di largo consumo interessati ci sono, infatti, abbigliamento, elettrodomestici ed elettronica di consumo, gran parte degli autoveicoli, servizi legali e professionali. Del resto, l’Iva sugli scambi interni nel primo bimestre 2013 ha ceduto il 5,6 per cento.
La manovra salva-Italia del dicembre 2011 aveva previsto, per centrare il pareggio di bilancio nel 2013, un doppio aumento dell’Iva (l’aliquota al 21% era innalzata al 23% e quella del 10% al 12%) a partire dal 1° ottobre 2012: aumento che non sarebbe scattato solo se fosse andato in porto un riordino della spesa sociale e un’eliminazione dei bonus fiscali che si sovrappongono alle prestazioni assistenziali.
Il decreto sulla spending review della scorsa estate ha ulteriormente cambiato le carte in tavola: l’aumento delle due aliquote Iva e stato posticipato al 1° luglio 2013 con una successiva riduzione in parte dal 1°gennaio 2014. Poi la versione definitiva della legge di stabilità 2013 ha limitato il rincaro Iva a un solo punto e alla sola aliquota attualmente al 21 per cento.
LA NUOVA TARIFFA SUI RIFIUTI
Corsa al rinvio della Tares per evitare la stangata
La Tares (Tariffa rifiuti e servizi) è la nuova imposta che servirà a finanziare la raccolta dei rifiuti e gli altri servizi locali. Il suo debutto nell’ordinamento tributario italiano è stato a dir poco travagliato e alla fine ha scontentato tutti, dai sindaci, chiamati ad applicarla, a imprese e cittadini che si vedono aumentare in maniera considerevole il prelievo su rifiuti e servizi.
L’ultimo intervento per rivedere il debutto della Tares è contenuto nel Dl sblocca-debiti della Pa e prevede un regime transitorio ad hoc per la Tares 2013. La scadenza delle rate può essere decisa dai Comuni, ma per il 2013 non può essere richiesta prima di maggio. E si pagherà comunque sulla base delle vecchie tariffe Tarsu e Tia 1 o Tia 2 dove sono state introdotte. Mentre la maggiorazione di 30 centesimi di euro a metro quadro dovuta per i cosiddetti servizi indivisibili (per esempio la manutenzione delle strade, l’illuminazione pubblica, ma anche la sicurezza) andrà per quest’anno direttamente nella case dell’Erario e sarà dovuta da cittadini e imprese nel mese di dicembre. Da più parti però è giunta in Parlamento la richiesta di scongiurare la stangata da 1 miliardo di euro di fine anno e rinviare il tributo locale al 2014. Con possibilità poi di rivederne meccanismi e modalità applicative.
FONDO PMI
Un cordone di sicurezza per l’accesso al credito
La morsa della crisi si fa sentire soprattutto sull’accesso al credito. Le imprese non riescono a reperire i fondi necessari sul mercato finanziario per poter proseguire la propria attività. Per questo il direttore del Sole 24 Ore, Roberto Napoletano, ha proposto nell’editoriale del 14 aprile di dar vita a un nuovo veicolo finanziario per garantire una serie di strumenti (partecipazioni di minoranza, finanziamenti a lungo termine, fondo di rotazione e così via) in grado di mettere in sicurezza le aziende italiane sane, che soffrono della restrizione del credito in atto. Uno strumento che potrebbe avere come azionisti un pool di banche o la Cassa depositi e prestiti, come socio di minoranza, o anche soggetti economici terzi ma liquidi.
Il problema del credit crunch emerge anche dal documento finale dei dieci saggi nominato dal Quirinale, che hanno proposto di rafforzare il ruolo del Fondo centrale di garanzia (l’ente che presta garanzie sui crediti bancari alle Pmi) aumentando la dotazione di due miliardi di euro ma anche di incentivare la ricerca e sviluppo e di attivare strutture per migliorare l’accesso ai fondi comunitari.
Anche «Il progetto Confindustria per l’Italia» presentato a gennaio aveva sottolineato l’esigenza di «sostenere l’accesso al credito delle Pmi, rafforzando e migliorando gli strumenti già disponibili».
RIFORMA MERCATO DEL LAVORO
Meno vincoli sui contratti e politiche attive più efficaci
Con tre milioni di disoccupati e altrettanti inattivi, la questione “lavoro” è una delle priorità da affrontare per far ripartire l’economia del paese. Il primo obiettivo è modificare la riforma Fornero, in particolare sul fronte della flessibilità in entrata, eliminando quelle restrizioni sui contratti che hanno reso più difficile per le imprese procedere a nuove assunzioni, affidando piena autonomia alla contrattazione collettiva. Anche per l’apprendistato le imprese denunciano un aumento dei vincoli che ne rendono meno appetibile l’utilizzo.
Si dovrebbero poi potenziare le politiche attive per il lavoro, dando attuazione alla delega della riforma Fornero che è rimasta lettera morta, con una formazione tagliata sulle esigenze del sistema produttivo. Altre proposte riguardano la messa a regime della detassazione del salario di produttività, il taglio del costo del lavoro dalla base imponibile Irap, l’introduzione di un credito d’imposta per i lavoratori a basso stipendio e il sostegno alla crescita dell’occupazione femminile, disciplinando con regole certe la possibilità di ricorrere al telelavoro. Per ridurre, poi, l’alto livello di Neet, persone che non lavorano e non studiano, i saggi propongono di introdurre un sistema di alternanza scuola-lavoro.
DELEGA FISCALE
Certezza delle norme e Catasto da modernizzare
La “questione fiscale” è destinata a rimanere centrale nella prospettiva della crescita economica. Anche in questo caso, non è necessario “ripartire da zero”, visto che buona parte del lavoro era già stato avviato durante la scorsa legislatura con il disegno di legge di riordino, rimasto poi a metà del guado.
Riforma del catasto, riorganizzazione delle spese fiscali, semplificazione e riordino dei regimi fiscali, codificazione dell’abuso del diritto e dell’elusione fiscale, razionalizzazione delle sanzioni: questi erano alcuni dei punti qualificanti dell’intervento, che introduceva – tra l’altro – anche nuove forme di assistenza ai contribuenti negli adempimenti fiscali, estendendo modalità di tutoraggio ora previste solo per le grandi imprese. Si tratta di un pacchetto di regole che può essere utilmente integrato e rafforzato nell’ottica di una vera e propria riforma fiscale, capace di adeguare il sistema alle mutate condizioni e prospettive economiche nazionali e internazionali. Il tutto con l’obiettivo di stimolare ancor più quel percorso di semplficazione degli adempimenti avviato negli ultimi anni, senza tralasciare il tema della complessità dei testi normativi, per arrivare alla scrittura (o riscrittura) dei testi unici tributari.
CUNEO FISCALE
Costo del lavoro senza Irap e taglio agli oneri sociali
Nella relazione finale dei Saggi voluti dal presidente Napolitano era una raccomandazione forte: «(…) destinare qualunque sopravvenienza finanziaria possa manifestarsi nei prossimi mesi alla priorità dell’emergenza lavoro e del sostegno alle persone in grave difficoltà economica, nella forma di un alleggerimento dell’imposizione diretta sul lavoro, a partire dai giovani e dalle fasce di reddito più basso».
Il punto è che senza un intervento di ampio respiro per la riduzione del cuneo fiscale difficilmente si potrà avviare quel percorso virtuoso necessario per la creazione di nuova occupazione. In quest’ottica, occorre ripensare tutto il sistema della fiscalità sul lavoro oltre a favorire fiscalmente gli incrementi di retribuzione legati ai guadagni di produttività (rendendo strutturali le risorse destinate alla detassazione del salario di produttività contrattato in azienda). Per la riduzione del cuneo fiscale è indispensabile eliminare, in modo progressivo, il costo del lavoro dalla base imponibile Irap. Altre misure sono poi necessarie, a partire dalla riduzione degli oneri sociali che gravano sulle imprese manifatturiere (in modo da abbassare il costo del lavoro), anche con l’obiettivo di armonizzare le aliquote contributive per gli ammortizzatori sociali e adeguare l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni all’avvenuta diminuzione dei sinistri.
SPESA PER INFRASTRUTTURE
Rilanciare gli investimenti per la difesa del territorio
Revisione delle regole ma anche un maggiore attenzione agli investimenti. Le priorità sul capitolo infrastrutture si declinano lungo queste due direttrici. Il documento finale dei dieci saggi sulle riforme istituzionali saggi propone una modifica dell’articolo 117 della Costituzione per superare la competenza concorrente tra Regioni e Stato e trasferire la competenza allo Stato su grandi reti di trasporto e navigazione, i porti e aeroporti civili di interesse nazionale, le telecomunicazioni. Così come i grandi interventi infrastrutturali devono essere decisi solo dopo un ampio e regolato confronto pubblico, per favorire la partecipazione dei cittadini a decisioni che hanno impatto rilevante sull’ambiente. Un po’ come avviene in Francia, con un dibattito aperto all’intera cittadinanza e mediato da esperti indipendenti.
Oltre questo, però, c’è la necessità di favorire gli investimenti in infrastrutture. Il documento di Confindustria per la crescita dell’Italia mette l’accento proprio su questo punto: il rilancio della spesa nelle infrastrutture (materiali e non) è una essenziale per la competitività e lo sviluppo economico. Tra i settori in cui intervenire ci sono la difesa idrogeologica e antisismica del territorio e del patrimonio edilizio, ma anche le infrastrutture per l’energia in modo da aumentare l’economicità e la sicurezza degli approvvigionamenti per l’industria italiana e garantire la sicurezza del sistema.
RIFORME ISTITUZIONALI E FINANZIAMENTO AI PARTITI
Meno parlamentari e Province cancellate
Capitolo delicato, quello delle riforme istituzionali, ma sul quale le resistenze delle forze politiche, sulla spinta di forze sociali e opinione pubblica, stanno venendo meno. E allora spazio per una cancellazione, o drastica attenuazione del bicameralismo perfetto, con una Camera solo politica (che vota fiducia al Governo e disegni di legge) e un Senato con rappresentanza delle autonomie regionali; riduzione del numero dei parlamentari, con il documento dei saggi che propone 480 deputati e 120 senatori; revisione del titolo V della Costituzione con una rideterminazione del perimetro tra competenze legislative statali sulle materie di interesse nazionale e locali, ma soprattutto con l’abolizione delle Province, l’accorpamento dei Comuni, l’istituzione delle città metropolitane.
Tema a parte quello del finanziamento pubblico dei partiti. Se il Movimento 5 Stelle ne ha fatto una delle bandiere e il Pd aveva da ultimo fatto passi in questa direzione, i saggi istituiti dal Presidente Napolitano considerano invece che in forma «adeguata» e con «verificabilità delle singole spese» un contributo alle forze politiche rappresenti un elemento importante di garanzia per lo svolgimento della vita democratica del Paese.
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E PESO DELLA BUROCRAZIA
Oneri burocratici legati ai livelli di rischio
L’obiettivo è quello di una generale modernizzazione della macchina amministrativa dello Stato. In questo senso la prospettiva deve essere quella di un’effettiva concorrenza con il privato in quei settori dove questo è possibile e comunque di uno snellimento drastico degli adempimenti burocratici. Lo slogan «regole semplici, procedure rapide» più volte evocato va tradotto in pratica attraverso la riorganizzazione della pubblica amministrazione. In questo senso vanno ridotti gli enti, attuati i processi di ristrutturazione degli uffici, rafforzati i meccanismi di incentivi a vantaggio di logiche di efficienza, e potenziata la formazione del personale. Sul fronte delle imprese, ha sottolineato ancora di recente Confindustria, è necessario abbattere gli oneri burocratici rendendoli proporzionali ai livelli di rischio: per esempio, vanno snellite le procedure per l’apertura di imprese, eliminando gli adempimenti solo formali, e proseguita la strada dell’individuazione di forme imprenditoriali a requisiti di capitale ridotto indirizzate ai giovani. Gli stessi procedimenti vanno ripensati con un occhio di riguardo per la competitività tenendo presente che i costi che appesantiscono il sistema delle imprese secondo la Funzione pubblica assommano ormai a 26,5 miliardi.
GIUSTIZIA CIVILE E ORGANIZZAZIONE DEI TRIBUNALI
Concludere la revisione della geografia giudiziaria
Completare la revisione delle circoscrizioni giudiziarie. Soprattutto dopo il varo della nuova pianta organica proposta dal ministero della Giustizia e approvata dal Csm. Il bersaglio da centrare è quello di avere completato tutte le operazioni per l’autunno quando è previsto il debutto. Come pure, sul piano organizzativo, va attuata su scala più larga quella collaborazione tra uffici giudiziari e avvocatura che può contribuire alla costituzione dell’ufficio del processo, struttura di supporto all’autorità giudiziaria nella istruzione delle cause. Il processo telematico va incentivato, favorendo la digitalizzazione delle strutture giudiziarie e assicurando l’estensione dei procedimenti da svolgere solo online (accertando la diffusione della pec tra i legali).
Ma poi andrà affrontato il nodo della conciliazione, bocciata dalla Corte costituzionale, ma da rilanciare con un’attenzione particolare per gli incentivi alle parti e le garanzie su autonomia e preparazione degli organismi di mediazione. Importante ancora la fase di verifica, prima di intervenire nuovamente sul Codice di procedura, sulle riforme avviate nel recente passato per deflazionare il contenzioso, dal filtro in appello all’aumento generalizzato del contributo unificato.
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