C’è un cantiere aperto non ancora sbocciato pienamente nel dibattito politico e non ancora promosso a livello di priorità tra le istituzioni e il mondo della rappresentanza degli interessi. Si tratta del futuro delle città e dell’agenda digitale nazionale. Due temi fortemente intrecciati, portatori il primo di una dimensione non solo territoriale (le città) e il secondo di una dimensione non solo nazionale (il digitale).
Città e digitale sono i luoghi e le competenze abilitanti per la crescita, sono i promotori di uno sviluppo qualitativo della vita e quindi delle relazioni, ma anche del pil. Difficile pensare a città intelligenti dove sviluppo inclusivo e solidale migliori la vita delle persone senza determinare effetti benefici sulla vita delle imprese. È pure difficile pensare a una crescita delle imprese senza che queste restituiscano benessere, occupazione, reddito e competenze alle persone. Persone e imprese crescono insieme, abitano insieme le città italiane: far crescere le politiche per le aree urbane significa parlare a ben più del 60% dei cittadini italiani e quasi il 60% delle imprese italiane.
L’Europa, inesorabile, marcia disponendo gli obiettivi 2020. Definendo temi, risorse e opportunità per il prossimo quadro comunitario di sostegno: agenda digitale europea e politiche urbane sono due capisaldi. L’Italia ha già risposto al primo appello: ha preparato una credibile agenda digitale italiana (crescita 2.0 in primis) e ha attivato una rete di partenariati per definire obiettivi e azioni per i fondi 2014-2020. Cosa è veramente importante per fare bene? Definire gli attori e lavorare insieme. Integrare input strategici generali e bisogni delle comunità. Integrare approcci territoriali a quelli per funzione. Scegliere tecnologie e servizi digitali utili agli obiettivi e non il contrario. Integrare competenze e bisogni di chi amministra (istituzioni), di chi consuma beni e servizi (cittadini), di chi produce (imprese). C’è una via italiana allo sviluppo delle città e c’è pure chi ha fatto già bene nella costruzione di e-government efficiente, come ci sarà chi risponderà con creatività e competenza digitale nella misura in cui ci saranno «bandi intelligenti» per indirizzare bene quelle risorse, che saranno a pieno titolo risorse per la crescita e lo sviluppo dei cittadini e delle imprese che abitano le aree urbane, a partire dai luoghi-città e dalla potenza della cultura digitale (e smart solo perché trasparente, accessibile, semplice, utile).
La «città smart dei municipi, casa dei cittadini» è quindi una vista che si deve integrare con la vista della «città smart delle camere di commercio, casa delle imprese». Entrambe le viste devono dialogare con gli input dell’agenda digitale e con i piani città. Perché ci sia complementarietà nel modello e nelle opportunità offerte, ma senza perdere concorrenzialità tra i modelli identitari che ogni città interpreta. L’attrattività di flusso (per il turismo dei luoghi), l’attrazione di imprese (per nascere, localizzarsi, smaltire, muovere e distribuire, alimentarsi di innovazione) e di persone (sicurezza e legalità in primis) sono uno sguardo complesso all’obiettivo dello sviluppo che solo una osservazione articolata può leggere correttamente e poi rispondergli efficacemente.
Per le città occorre collegare a questa prospettiva di integrazione il ripensamento della funzione di tante aree dismesse o da recuperare, rigenerando gli spazi attraverso una visione dove la vita dei cittadini e la vita delle imprese si incontrano e interagiscono di nuovo all’interno delle aree urbane. A questo fine quattro importanti organizzazioni (per adesso) hanno dato vita congiuntamente a un soggetto facilitatore URBANPRO (Unioncamere, Ance, Cnapp, Confcommercio) per interagire sia a livello nazionale che a livello locale con il «piano città» (crescita 2.0). Tra i fattori abilitanti la crescita delle città intelligenti, la strada dell’agenda digitale è altrettanto fondamentale: per sostenere lo start up di imprese innovative, per rilanciare e-government partendo dalle migliori pratiche e rifocalizzando la semplificazione amministrativa, per alfabetizzare cittadini e imprese, per recuperare e-commerce complementare, per rendere vantaggioso il dato aperto. Su quest’ultimo punto il business d’altro canto non sarà più nella produzione dei dati, ma nel loro valore di utilizzo (e quindi decisamente smart oriented).
Non è sufficiente pensare in termini di sviluppo possibile e di città intelligenti, solidali e inclusive come disegna l’Europa con Horizon 2020. Abbiamo bisogno di fare lo stesso ragionamento sul piano dei risparmi e del contrasto alle inefficienze. Qui le tecnologie digitali hanno sempre prospettato risultati eccellenti. È vero. Alla condizione si salti dentro l’uso pieno ed esclusivo del digitale: nel governo degli adempimenti, nelle comunicazioni tra istituzioni e persone, nei servizi. Un imperativo digitale.
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