Le modalità di estinzione dei debiti contratti dai Comuni e dalle Province (ordinarie) sono regolamentate dall’articolo 1 del decreto legge che ha sbloccato il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione (Dl 8 aprile 2013, n. 35, convertito in legge la settimana scorsa). La norma recepisce le istanze, a più riprese mosse dalle autonomie territoriali, a favore di una maggiore flessibilità dei vincoli imposti dal Patto di stabilità interno. Così, il comma 1 ne “allenta la morsa” per il 2013 nei limiti di 5 miliardi di euro, da destinare al pagamento dei debiti di parte capitale da parte degli enti. Si tratta, però, esclusivamente di debiti di parte capitale certi, liquidi ed esigibili al 31 dicembre 2012 o per i quali sia stata emessa fattura, ivi inclusi i pagamenti delle Province in favore dei Comuni; ci sono anche i debiti di parte capitale riconosciuti fino al 2012 o riconoscibili quali debiti fuori bilancio. Restano “sollevati” dal vincolo del Patto, i pagamenti finanziati con i contributi concessi agli enti commissariati per infiltrazioni mafiose. Va – in tale contesto – evidenziato come, in fase di esame al Senato, sia stato introdotto un nuovo comma 17-quater all’articolo 1, secondo cui agli enti locali che non hanno rispettato nell’anno 2012 i vincoli del patto di stabilità in conseguenza del pagamento dei debiti, la sanzione prevista dall’articolo 31, comma 26, lettera a), della legge 183/2011 si applica limitatamente all’importo non imputabile ai pagamenti, ferme restando le rimanenti sanzioni. La ripartizione dei 5 miliardi tra i singoli enti locali (Comuni e Province) è stata regolamentata mediante il sistema web della Ragioneria dello Stato. Gli enti locali vi hanno avuto accesso con una procedura dettagliata al comma 2 dell’articolo 1. L’iter si è avviato con una comunicazione da parte degli enti locali alla Ragioneria degli spazi finanziari richiesti. Sulla base di tali comunicazioni, l’Economia ha già individuato (con decreto), per ciascun ente istante, i pagamenti nel limite del 90% dell’importo di 5 miliardi; con un successivo decreto, da emanarsi entro il 15 luglio 2013, il ministero ripartirà il residuo 10%, insieme con le disponibilità non assegnate con il primo decreto.
Sono, poi, previste conseguenze per nulla trascurabili per i “ritardatari”. Su segnalazione del collegio dei revisori dei singoli enti locali, la Procura regionale della Corte dei conti esercita l’azione nei confronti dei responsabili dei servizi interessati che, senza giustificato motivo, non hanno richiesto gli spazi finanziari nei termini e secondo le modalità previste ovvero non hanno effettuato, entro l’esercizio finanziario 2013, pagamenti per almeno il 90% degli spazi concessi. Per tali soggetti è previsto che le Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti irroghino una sanzione pecuniaria, pari a due mensilità del trattamento retributivo, al netto di oneri fiscali e previdenziali. Ritornando alle modalità di pagamento, va segnalato che il comma 10 istituisce un Fondo per assicurare la liquidità per il pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili. Il Fondo è diviso in tre sezioni, di cui una destinata a Comuni e Province, con una dotazione di 2 miliardi per ciascuno degli anni 2013 e 2014.
01|L’ORIGINE
Il Patto di stabilità interno (Psi) deriva da vincoli frutto dell’appartenenza dell’Italia alla Ue
02|I VINCOLI
In base ai vincoli, il rapporto fra indebitamento netto della pubblica amministrazione e Pil deve essere inferiore al 3%, quello fra debito pubblico e Pil non deve superare il 60%
03|L’APPLICAZIONE
I Paesi Ue hanno implementato il Psi, secondo le norme interne sulla gestione delle relazioni fiscali fra i vari livelli di governo. L’Italia ha espresso gli obiettivi programmatici per gli enti territoriali e i corrispondenti risultati ogni anno in modi differenti, alternando diverse configurazioni di saldi finanziari a misure sulla spesa per poi tornare agli stessi saldi
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