Prima l’ammontare certo di tutto lo stock accumulato, poi l’avvio della «fase 2». Il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni scandisce il piano per anticipare al 2013 una parte (o tutto) il plafond stanziato per il 2014 oppure, addirittura, per smaltire l’intero arretrato.
Il ministro usa grande cautela, ma nelle parole e nelle valutazioni dei tecnici, anche a margine dell’incontro, emerge un quadro in grande movimento. Secondo la Ragioneria dello Stato la stima effettuata a marzo da Banca d’Italia, circa 91 miliardi di euro di debiti accumulati dalla Pa, potrebbe risultare sovrastimata ai fini dell’applicazione del decreto sblocca pagamenti. Ironia della sorte, all’epoca l’attuale Ragioniere generale, Daniele Franco, era in Banca d’Italia con il ruolo di direttore centrale per la ricerca economica, ma quell’indagine era stata svolta a campione – è stato ricordato anche ieri – e soprattutto sulla base di una sorta di autodichiarazione delle stesse imprese recante l’importo da pagare. In realtà, nella massa che Banca d’Italia stimava pari a circa il 5,8% del Pil, è inclusa una quota di debiti considerati fisiologici, nell’ordine di 20- 30 miliardi, e una quota di debiti oggetto di contenzioso, all’incirca per altri 10-15 miliardi. A conti fatti, dunque, quando a metà settembre sarà completata la mappatura dei debiti certi, liquidi ed esigibili al 31 dicembre 2012, si potrebbe scoprire che il totale da smaltire viaggia intorno ai 45-55 miliardi. A quel punto, il governo potrebbe addirittura tentare di accelerare per smaltire in toto l’arretrato, senza limitarsi ad anticipare i 20 miliardi previsti per il 2014 e per i quali, trattandosi di spesa corrente, non sussistono criticità legate all’aumento del deficit.
Si tratta naturalmente dell’ipotesi più ambiziosa, all’interno di una forchetta che secondo i tecnici parte da 8- 10 miliardi e dipende da diverse variabili. Saccomanni lega la possibile accelerazione all’entità dei debiti reali che emergerà dal censimento, alla velocità con cui nelle prossime settimane le amministrazioni mostreranno di saper pagare, all’andamento dei mercati per verificare la fattibilità di emissioni di debito pubblico finalizzate a reperire risorse per completare il piano.
Si può ipotizzare un intervento minimo da 10 miliardi, anche se – ha spiegato Saccomanni citando questa cifra «solo a titolo di esempio» – l’incremento Iva che deriverebbe dall’operazione di anticipo del piano pagamenti va considerato con molta cautela. Il gettito incrementale legato ai 20 miliardi previsto per il 2013 è già calcolato nel tendenziale di finanza pubblica, mentre l’importo addizionale si avrebbe solo con eventuale anticipazioni rispetto al 2014 e «nell’ordine del 10-15%, considerando le differenti aliquote e transazioni sui cui l’Iva non si applica». Nel caso di 10 miliardi anticipati, in sostanza, si tratterebbe di 1,5 miliardi.
A ogni modo, il decreto 35 reca già tracce del piano d’autunno. Alla Nota di aggiornamento del Def sarà allegata una relazione che conterrà lo stato dei pagamenti e le iniziative necessarie, da assumere anche con la legge di stabilità per il 2014, per completare lo smaltimento di quanto maturato al 31 dicembre 2012.
L’emissione di titoli di Stato, impattando esclusivamente sul debito, è uno strumento compatibile con l’anticipo dei pagamenti dal 2014 al 2013. Ma sullo sfondo resta ben presente al ministero dell’Economia e alla Ragioneria un’ulteriore arma, potenzialmente risolutiva. Una modifica apportata al decreto 35 nel corso dell’iter parlamentare prevede infatti la possibilità di autorizzare la cessione di garanzia dello Stato a favore di «istituzioni finanziarie nazionali, comunitarie e internazionali»: il meccanismo faciliterebbe la cessione dei crediti alle banche e coinvolgerebbe anche la Cassa depositi e prestiti (e potenzialmente la Bei) nel caso di morosità da parte delle Pa debitrici.
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