La società in house partecipa alla gara

Servizi pubblici. Dal Tar Lombardia

Il Sole 24 Ore
14 Ottobre 2013
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Le società affidatarie dirette possono partecipare a gare indette dalle amministrazioni locali per l’affidamento di servizi pubblici, ma se la loro attività prevalente risulta dai nuovi affidamenti, perdono uno dei requisiti dell’in house.

Il Tar Lombardia-Brescia, con la sentenza della sezione II n. 780 del 23 settembre 2013 ribadisce il quadro di riferimento comunitario, per il quale il modello in house viene rispettato se sussiste il requisito del controllo analogo, e se la parte più importante dell’attività viene svolta con gli enti che detengono il controllo.

L’organo di giustizia amministrativa afferma inoltre che in base alla giurisprudenza comunitaria i soggetti che beneficiano di sovvenzioni pubbliche, e quindi anche i soggetti in house, possono certamente partecipare alle gare (come del resto possono partecipare in qualità di imprenditori gli stessi enti pubblici), come pure possono svolgere attività a favore di terzi, ma questa situazione espone al rischio di fuoriuscire dallo schema comunitario, qualora la parte più importante dell’attività non sia più svolta con gli enti che detengono il controllo.

Queste possibilità di espansione industriale trovano tuttavia un limite di tipo quantitativo nei principi comunitari, poiché le società in house, per mantenere tale caratteristica, dovranno sempre svolgere la loro attività prevalente (misurabile in termini di fatturato) a favore dell’ente locale socio.

Qualora la società perda tale requisito non potrà più risultare affidataria diretta di servizi pubblici locali da parte degli enti soci e gli stessi affidamenti in essere risulterebbero privi di una delle due condizioni essenziali per il loro mantenimento.

Il Tar Brescia ha anche analizzato la problematica del passaggio diretto del personale del gestore uscente alla società in house vincitrice della gara, riconoscendo che norme come l’articolo 202 comma 6 del Dlgs 152/2006 (servizio rifiuti) facciano gravare sul nuovo gestore un costo aggiuntivo che può poi tradursi in incrementi tariffari per gli utenti o in minore qualità del servizio, oppure può costituire ex ante un disincentivo alla partecipazione a eventuali gare.

La sentenza richiama pertanto l’applicazione dell’articolo 3-bis comma 2 della legge 148/2011, il quale prevede che nelle procedure a evidenza pubblica l’adozione di strumenti di tutela dell’occupazione costituisce elemento di valutazione dell’offerta e non condizione per il subentro nel servizio.

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