Le novità previste per le partecipate nella legge di stabilità sono connotate da chiari obiettivi di fondo, ma anche da qualche incognita.
I commi 370 e seguenti impongono accantonamenti per perdite non ripianate e costi standard per tutti i soggetti partecipati. Se aziende speciali, istituzioni e società partecipate da Pa locali inserite nell’elenco Istat presentano un risultato d’esercizio o un saldo finanziario negativo, le Pa partecipanti, l’anno dopo, devono accantonare in un fondo vincolato, in proporzione alla partecipazione, un importo pari alle perdite non ripianate.
L’accantonamento ritorna disponibile per la Pa in caso di ripiano delle perdite o dismissione della partecipazione.
Il principio è chiaro. Le Pa locali con soggetti in perdita (strumentali o di servizi) devono accantonare in un fondo non impegnabile risorse per limitare, fino al ripianamento, la capacità di spesa corrente in misura equivalente alla perdita. Il comma 372 prevede un impatto graduale dal 2015, con un regime transitorio fino al 2017. Se la società ha registrato nel triennio 2011-2013 un risultato medio negativo, la Pa deve accantonare, in proporzione alla partecipazione, la differenza tra risultato dell’esercizio precedente e risultato medio 2011- 2013, migliorato, rispettivamente, del 25% nel 2014, 50% nel 2015 e 75% nel 2016. Se la società, invece, ha avuto nel 2011-2013 un risultato medio non negativo, la Pa deve accantonare una somma pari al 25% nel 2015, 50% nel 2016 e 75% nel 2017 del risultato negativo dell’anno precedente. Solo dal 2018 tutte le perdite dovranno essere accantonate.
Dal 2014, infine, le partecipate dovranno gestire i servizi con criteri di economicità ed efficienza, e per i servizi pubblici andranno individuati costi e rendimenti standard.
Il testo necessita senza dubbio di ritocchi. Potrebbero in primo luogo essere definiti meglio i soggetti interessati dall’accantonamento, anche perché nell’elenco Istat sono nominativamente inseriti, fra le altre amministrazioni locali, anche società ed enti strumentali che potrebbero essere, al contempo, sia tenuti all’accantonamento come Pa, sia “produttori” di perdite da ripianare in qualità di partecipati.
Il contenuto del maxi-emendamento, inoltre, implicitamente esclude l’obbligo di liquidazione/dismissione per aziende speciali, istituzioni e partecipate maggioritarie con affidamenti diretti superiori all’80% del valore della produzione. La liquidazione per questi soggetti (e non per le società di servizi pubblici) scatta solo dal 2017 e nel caso di risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti. Sul punto, appare doveroso un coordinamento con le norme tuttora sulle di dismissioni.
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