Antonio Tajani: «L’Italia rischia un nuovo stop»

Il Sole 24 Ore
13 Gennaio 2014
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«Tutte le informazioni che riceviamo dall’Italia sul rispetto dei nuovi tempi di pagamento sono negative. Se non intervengono cambiamenti, a fine gennaio sarò costretto a fare i primi passi formali».

Antonio Tajani, vicepresidente della commissione europea, che con la delega all’Industria segue fin dal primo giorno la direttiva sui ritardi nei pagamenti, conosce già le difficoltà di applicazione e i tanti esempi di aggiramento dei termini stringenti di pagamento negli appalti pubblici in Italia.

Tajani, che armi ha la Commissione europea per far sì che la direttiva non rimanga solo sulla carta?
Se l’Italia non cambia rotta, mi vedo costretto a far scattare la cosiddetta “Eu pilot”, in pratica una sorta di avvertimento prima della procedura di infrazione vera e propria, nel quale chiedo il rispetto sostanziale della direttiva.

Cosa contesta al nostro Paese?
Certo era impossibile in un anno e con le difficoltà di bilancio dell’Italia, passare da mille giorni a 30 nel saldo delle fatture. E certo c’è anche stata una leggera diminuzione dei tempi. Però riceviamo dai nostri due advisor, Ance e Confartigianato, troppe segnalazioni di abusi e scorrettezze. Così si rischia di vanificare, nei fatti, l’obiettivo della direttiva. 
A che punto sono, invece, le contestazioni sul recepimento normativo della direttiva?
Dopo le due lettere di rilievi ora stiamo valutando la risposta del Governo. Nel disegno di legge Comunitaria ci sono alcune correzioni. Per esempio, si limita il ricorso ai pagamenti a 60 giorni anziché ai 30 ordinari. Ma resta aperto il capitolo delle «prassi gravemente inique» ovvero proprio queste pratiche che si stanno ora moltiplicando e che costringono di fatto le imprese ad accettare condizioni di sfavore e clausole capestro. L’Italia deve essere più chiara su questo.

Cosa sta succedendo negli altri Paesi europei?
La Germania è l’unica a non aver ancora recepito la direttiva e per questo abbiamo aperto una procedura di infrazione. Il Belgio è appena arrivato. Ma abbiamo inviato lettere di rilievo a ben 23 Stati. Oltre al l’Italia è a rischio per le tante denunce di comportamenti scorretti anche la Polonia. 

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